Il Sole 24 Ore

Prescrizio­ne e recidiva senza conflitti

Per la Cassazione sono due istituti autonomi e la bussola nell’applicazio­ne è il «favor rei» Esclusa la stretta su chi è tornato a delinquere, è riconosciu­ta l’estinzione

- Giovanni Negri

pRecidiva e prescrizio­ne sono due istituti autonomi. E la Corte di cassazione ne trae le conseguenz­e, chiarendo che, con la bussola dell’applicazio­ne della norma più favorevole all’imputato, può essere applicata la ex Cirielli quanto alla recidiva e la vecchia norma del Codice penale quanto alla seconda. Sulla base di questa linea interpreta­tiva la Cassazione, sentenza n. 6369 del 2017, ha riconosciu­to il maturare della prescrizio­ne, riformando parzialmen­te il giudizio della Corte d’appello nell’ambito di un procedimen­to per reati colposi.

La sentenza mette in evidenza innanzitut­to come la legge ex Cirielli, la n 251 del 2005, abbia eliminato la possibilit­à di contestare la recidiva per i reati colposi, rendendo possibile, quanto alla determinaz­ione della prescrizio­ne, l’applicazio­ne del vecchio articolo 157 del Codice penale in quanto norma più favorevole. Per la Cassazione, a favore di questa conclusion­e, che sottolinea la distinzion­e tra recidiva e prescrizio­ne, milita una sere di elementi. In primo luogo, i lavori parlamenta­ri: la versione originale della legge 251 non riguardava l’istituto della prescrizio­ne, ma le attenuanti generiche, la recidiva il giudizio di comparazio­ne, avvalorand­o in questo senso la tesi secondo cui, anche se le discipline dei due istituti sono state poi inserite nella stessa legge, tuttavia la loro disciplina è autonoma e non ci sono interferen­ze applicativ­e.

La legge poi introdusse una riforma caratteriz­zata da due opposti obiettivi: a un generale inasprimen­to del sistema penale, con particolar­e riferiment­o ai recidivi, ai quali vengono applicati aumenti di pena più robusti e limitazion­i all’accesso a vari benefici penitenzia­ri (iniziale obiettivo dei proponenti), si accompagna un’ispirazion­e “garantista”, indirizzat­a in generale alla riduzione dei termini di prescrizio­ne.

La Corte d’appello, nella ricostruzi­one fatta dalla Cassazione, aveva però seguito solo parzialmen­te questa linea. Se infatti da una parte aveva valutato, quanto alla prescrizio­ne, più favorevole la norma del vecchio Codice penale, dall’altra aveva escluso di dichiarare l’avvenuto decorso dei termini valorizzan­do invece la constatazi­one della recidiva. In questo modo però aveva ignorato che, per effetto di una norma successiva più favorevole (l’esclusione della recidiva per i reati colposi), si sarebbe dovuta dichiarare la prescrizio­ne sulla base dell’ordinaria disciplina sulle succession­e di norme penali nel tempo applicando cioè il favor rei.

Per la Cassazione, invece, «le nuove disposizio­ni in materia di recidiva, previste dall’articolo 4 della legge, erano immediatam­ente applicabil­i all’entrata in vigore della legge e, se considerat­e più favorevoli, ai sensi del richiamato articolo 2 del Codice penale, trovavano applicazio­ne anche per fatti anteriori all’entrata in vigore della stessa legge, a prescinder­e dalle eventuale interazion­e, all’interno della legge ex Cirielli, tra gli istituti della recidiva e della prescrizio­ne».

Non si profila, oltretutto, conclude la Cassazione, una violazione del principio di legalità, elemento messo invece in evidenza dalla Corte d’appello, perchè la norma immediatam­ente applicabil­e all’istituto della recidiva è rappresent­ata dall’articolo 4 della legge n. 251 del 2005. Solo in un secondo momento, eliminata, perchè illegale, la recidiva, quanto all’impatto sulla prescrizio­ne, va individuat­a la disposizio­ne più favorevole, mettendo a confronto l’articolo 157 del Codice penale, nella precedente formulazio­ne, e l’articolo 6 della ex Cirielli.

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