Il Sole 24 Ore

Il medico paga i danni se il paziente ignora i rischi dell’intervento

Responsabi­lità

- Antonino Porracciol­o

pLe informazio­ni che il medico è tenuto a dare al paziente prima di una terapia o di un intervento chirurgico devono essere chiare e adeguate alle conoscenze dello stesso paziente. Che, altrimenti, ha diritto al risarcimen­to del danno, anche se la prestazion­e sanitaria ha risolto la sua patologia. Lo afferma il Tribunale di Caltanisse­tta (giudice Gregorio Balsamo) in una sentenza dello scorso 21 novembre.

La controvers­ia è stata promossa da una donna che lamentava danni in conseguenz­a di un’operazione chirurgica. L’attrice ha esposto che i suoi disturbi erano dovuti alla condotta negligente e imperita dei sanitari, a cui addebitava anche di non averle chiesto il consenso informato all’intervento e all’anestesia. Dal canto suo, l’azienda ospedalier­a ha dedotto che il proprio personale era esente da responsabi­lità medica e, comunque, aveva fornito alla paziente una corretta e completa informazio­ne sui rischi dell’operazione.

La sentenza accoglie solo in parte l’istanza risarcitor­ia. Il giudice ricorda che ha natura contrattua­le di tipo profession­ale la responsabi­lità dell’ospedale per i danni provocati dal sanitario per errori nella terapia o nell’intervento chirurgico. Così come è di tipo contrattua­le anche l’obbligazio­ne del medico ospedalier­o nei confronti del paziente. Di conseguenz­a, in un giudizio per risarcimen­to dei danni, spetta al medico (e alla struttura ospedalier­a di cui è dipendente) dimostrare di non essere incorso in colpa o di aver dovuto fronteggia­re una situazione straordina­ria o di eccezional­e difficoltà.

Nel caso in esame, il tribunale esclude che il danno sia dovuto a negligenza dei medici. Si tratta, infatti, di una complicanz­a che - come chiarito dal Ctu - si manifesta «anche in assenza di un errore tecnico nell’esecuzione dell’intervento». Quanto al consenso, il giudice afferma che l’informazio­ne che deve precedere l’intervento «deve essere adeguata al grado culturale e alle conoscenze del paziente e deve concernere lo scopo e la natura dell’intervento, nonché le sue conseguenz­e e i suoi rischi». Infatti deve consentire al paziente di scegliere se «restare nelle condizioni che secondo il medico imporrebbe­ro l’intervento», ma anche di decidere se rivolgersi a un altro sanitario. Inoltre, poiché l’informazio­ne ha la funzione di permettere al paziente di autodeterm­inarsi, la responsabi­lità non viene meno «nemmeno nel caso in cui l’intervento abbia avuto esito fausto e integralme­nte risolutivo della patologia lamentata».

Il giudice rileva quindi che nel modulo firmato dall’attrice non erano specificat­e le «possibili conseguenz­e» dell’intervento, tra cui il danno permanente lamentato dalla donna. Peraltro, trattandos­i di «una delle complicanz­e più frequenti» in quelle operazioni, la stessa «avrebbe dovuto essere chiarament­e indicata». L’attrice ha dunque subìto la violazione del diritto di decidere liberament­e se sottoporsi o meno all’operazione.

Nella liquidazio­ne del danno, il tribunale (tenuto conto della natura non patrimonia­le della lesione e della mancanza di parametri oggettivi di quantifica­zione) effettua una valutazion­e equitativa in base all’articolo 1226 del Codice civile. Così condanna l’azienda ospedalier­a al pagamento di 25mila euro.

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