All’Europa mancano il consenso dei cittadini e un’identità forte
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha detto che senza un «drastico» cambio di strategia dell’Unione europea c’è il rischio che la Brexit non rimanga un «caso isolato», ma ci siano «altre uscite». Una frase certamente a effetto, ma – a mio avviso – destinata a restare lettera morta in quest’anno caratterizzato dalle importanti elezioni in programma in Germania, Francia, Olanda e (forse) Italia. Quale leader riuscirebbe a imporre il drastico cambio di strategia di cui parla Padoan, se quelli principali sono impegnati in battaglie elettorali che non si preannunciano affatto facili? E quale potrebbero essere le priorità dell’Unione europea? Qualcuno dice l’innovazione, qualcun altro le riforme strutturali, qualche altro ancora una maggiore unità fra i Paesi europei. Lei quali indicherebbe?
Gianfranco Dell’Orto
Bologna Caro Dell’Orto, da tempo l’Europa è arrivata a un punto di non ritorno, a una sorta di crisi da saturazione esistenziale. Quindi o cambia, si ripensa in modo radicale, o finirà per sfasciarsi. Fin qui l’accordo è generale ma la raffica di appuntamenti elettorali di quest’anno non consente di accelerare le decisioni. Da dove ricominciare per ricostruire dopo Brexit? Molto di- penderà dall’esito delle elezioni, se segneranno o no un’avanzata consistente dei partiti nazionalisti e anti-europei. Prima di ritrovare un’identità forte e credibile, l’Europa dovrà riconquistarsi il consenso dei cittadini. Un’impresa non facile ma necessaria: questo a mio avviso dovrebbe essere il primo passo da fare. Con l’attenzione puntata sui problemi economici e sociali perché l’Europa deve tornare a essere agli occhi della sua gente una realtà positiva.