«La Ue aiuti la sua industria»
Appello di cinque ministr i per un maggiore impegno di Bruxelles in difesa delle produzioni europee Regole agli investimenti esteri e incentivi al digitale contro i neoprotezionismi
Più impegno per l’industria europea: lo chiedono alla Commissione cinque ministri (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia), che indicano le priorità sulle quali impegnarsi per difendere un settore che dà lavoro a 34 milioni di europei.
pC’è un’avanguardia di Paesi europei a forte vocazione manifatturiera che chiede un cambio di passo sulle politiche industriali. Perché la netta sensazione, secondo Germania, Francia, Italia, Polonia, Spagna, è che finora la Commissione Ue su questo tema abbia fatto meno di quanto si potesse o almeno di quanto richieda una fase storica particolarmente difficile, stretta tra crisi economica e aggressività dei Paesi terzi. Di qui l’«Opinion paper» che, alla vigilia dell’European industry day in programma domani a Bruxelles(si veda la pagina 4), è stato condiviso da cinque ministri dell’industria: Cristophe Sirugue (Francia), Matthias Machnig (Germania), Carlo Calenda (Italia), Jerzy Kwiecinski (Polonia) e Begoña Cristeto-Blanco (Spagna).
Il 60esimo anniversario del Trattato di Roma si avvicina - è il messaggio - ed è un crocevia ideale per rilanciare una strategia industriale europea, a maggior ragione dopo Brexit e considerati gli intenti protezionistici di Trump. Non si può sottovalutare - è la tesi - che il settore esprime tre quarti dell’export europeo e occupa 34 milioni di persone. Il documento indica alcune priorità. Si parte dalla politica commerciale, da rilanciare in una chiave equilibrata e nel rispetto del principio di reciprocità. L’Europa è poi chiamata a una riflessione seria anche sugli investimenti esteri, per accogliere quelli stranieri sulla base della reciprocità di regole, soprattutto per quanto proviene da economie non di mercato. Lo stesso principiodellaparitàditrattamento viene evocato a proposito dell’accesso agli appalti pubblici. Non manca un riferimento critico alla «strategia del “Buy American” messa al centro del programma della nuova amministrazione Usa». Altri punti cruciali in evidenza sono il digitale, che richiede regole e condizioni tali da favorire gli investimenti, e il cambiamento climatico.