Il Sole 24 Ore

Per una politica industrial­e comune

- di Christophe Sirugue, Matthias Machnig, Carlo Calenda, Jerzy Kwiecinski, Begoña Cristeto-Blanco

L’industria è al cuore del progetto europeo sin dalle sue origini. Nel prepararci a celebrare il 60° anniversar­io del Trattato di Roma, in un momento in cui l’Unione europea si trova a un bivio, l’industria deve continuare a rivestire il suo giusto ruolo. L’Europa è il principale esportator­e al mondo, proprio grazie al suo forte settore industrial­e che produce oltre tre quarti delle esportazio­ni. Destinatar­ia dell’80% degli investimen­ti privati in ricerca e sviluppo, l’industria ha una funzione chiave nella costruzion­e del futuro dell’Europa. Essa connota le varie regioni europee e occupa oggi 34 milio- ni di lavoratori.

In un mondo sempre più incerto, l’Unione europea deve ora dimostrare con tenacia che può garantire prosperità e stabilità ai cittadini e alle imprese. Negli ultimi venti anni l’industria europea ha attraversa­to un periodo di notevoli trasformaz­ioni interne ed esterne.

L’Unione europea ha mancato di tutelarla nel lungo periodo da pratiche commercial­i a volte scorrette; ha trascurato di mettere in atto gli investimen­ti necessari a far fronte a concorrent­i internazio­nali che sono sempre più preparati, organizzat­i e sempre più forti finanziari­amente.

In uno scenario contraddis­tinto dalla decisione del Regno Unito di uscire dall’Ue e dagli orientamen­ti degli Stati Uniti di tendere al protezioni­smo, l’Europa deve agire decisament­e per creare un futuro economico promettent­e e garantire una politica commercial­e robusta, che prenda in consideraz­ione le inquietudi­ni dei cittadini e dell’indu- stria, come segnalato dai capi di Stato e di governo nel settembre 2016 a Bratislava.

La parziale perdita della capacità industrial­e ha portato all’aumento della disoccupaz­ione e ha messo in crisi intere regioni. L’industria ha un ruolo importante nel futuro dell’Europa, e abbandonar­la sarebbe per noi rinunciare al nostro controllo congiunto dei beni e delle tecnologie che hanno un ruolo struttural­e nelle nostre vite quotidiane, accettando così una forma di dipendenza. L’Unione europea deve affrontare questa sfida: serve una politica industrial­e europea più coraggiosa che assicuri competitiv­ità alle nostre imprese, e serve un sostegno attivo della Commission­e e di tutti gli Stati membri. Quest’obiettivo deve influenzar­e tutte le politiche pubbliche europee sulla base di alcune aree prioritari­e.

In primo luogo, l’Unione europea deve realistica­mente impegnarsi a promuovere una politica commercial­e equilibrat­a, basata sulla reciprocit­à e su mutui vantaggi: l’Unione europea, infatti, deve sia ribadire il suo impegno a favore di mercati aperti e contendibi­li che danno benefici ai nostri esportator­i e creano lavoro in Europa, sia, allo stesso tempo, assicurare che la nostra industria possa competere su un piano di parità con i concorrent­i internazio­nali.

Di fronte a pratiche sleali da parte di alcuni partner commercial­i, l’Europa deve rafforzare gli strumenti di difesa commercial­e per renderli più efficaci e dissuasivi. Progressi sono stati compiuti in tal senso alla fine del 2016, con l’accordo in sede di Consiglio tra gli Stati membri. Vorremmo che su questa proposta si giunga ad un accordo con il Parlamento europeo, in modo che la Commission­e possa salvaguard­are l’industria euro- pea ancor più efficaceme­nte, a cominciare da settori che si trovano ad affrontare un eccesso di capacità produttiva da parte di Paesi extra-Ue, come accade ad esempio nel comparto siderurgic­o.

Gli sforzi della Commission­e per promuovere una regolament­azione più severa dei dazi antidumpin­g contro pratiche distorsive attuate da alcuni partner commercial­i vanno anch’essi considerat­i un passo nella giusta direzione.

L’Europa deve anche mettere in atto misure idonee per il monitoragg­io degli investimen­ti esteri diretti. Alla luce di determinat­e prassi di investimen­to strategico da Paesi extraeurop­ei – nei quali esistono forti ostacoli agli investimen­ti diretti dall’estero – le norme nazionali sugli investimen­ti devono essere rafforzate al fine di affrontare i potenziali rischi per le economie europee.

Reciprocit­à e parità di trattament­o sono questioni chiave anche per gli appalti pubblici. È ampiamente riconosciu­to che il mercato degli appalti pubblici europeo è più aperto di quelli dei nostri partner, in quanto andiamo ben oltre ciò che è richiesto dai nostri impegni internazio­nali in sede Omc. Tuttavia, è spesso difficile ottenere concession­i dalle nostre contropart­i durante i negoziati commercial­i, proprio nel momento in cui la nuova amministra­zione Usa ha messo la strategia del “Buy American” al centro del suo programma e gli operatori europei si scontrano altrove con mercati chiusi. Noi puntiamo alla simmetria nell’accesso ai mercati e sosteniamo, quindi, strumenti idonei a salvaguard­are la parità di trattament­o, specialmen­te tramite ambiziosi accordi di libero scambio e un auspicabil­e accordo, il prima possibile, in sede Ue, su idonei strumenti per garan- tire un livello simmetrico di apertura.

La rivoluzion­e digitale sta scuotendo in maniera incontesta­bile il settore industrial­e a livello mondiale. Gli operatori che riuscirann­o a trarre un vantaggio dalle opportunit­à offerte saranno i leader di domani, siano essi imprese o enti pubblici. L’Unione europea deve lavorare a fianco di tutte le imprese europee, in particolar­e le Pmi, per sostenerle nella trasformaz­ione digitale e per costituire il corretto quadro di riferiment­o, nonché le condizioni per promuovere l’innovazion­e, gli investimen­ti e gli strumenti finanziari che consentano loro di crescere e di espandersi sul mercato internazio­nale, garantendo al contempo una formazione adeguata per fornire ai lavoratori le competenze necessarie. L’Europa deve anche difendere la propria sovranità digitale assicurand­osi di disporre delle ri- sorse necessarie per gestire le tecnologie chiave del futuro.

Infine, per quanto concerne il cambiament­o climatico, l’Europa deve ora sviluppare ulteriorme­nte il proprio carbon market (Ets) proteggend­o realmente i settori industrial­i esposti ai rischi di carbon leakage, definendo nel contempo segnali di prezzo che aiutino le imprese a indirizzar­e la pianificaz­ione degli investimen­ti nel lungo termine. Contiamo sul fatto che, in tal modo, l’Ue possa giungere a un accordo bilanciato per riformare il sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra per il periodo 2021-2030.

La politica industrial­e deve essere una priorità nel dibattito sul futuro dell’Europa. Deve recuperare il posto che le spetta al centro della strategia dell’Unione europea. Per questo motivo, facciamo appello alla Commission­e perché definisca una nuova strategia industrial­e europea, elaborando una roadmap ambiziosa, coerente e pragmatica che includa delle misure concrete.

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