Il Sole 24 Ore

La riforma che serve al processo tributario

- Di Maurizio Leo

La giustizia tributaria è stata solo marginalme­nte toccata dalla delega fiscale del 2014. Non c’è dubbio, però, che la fase del contenzios­o tra fisco e contribuen­ti porti con sé una serie di difficoltà, come emerge anche dai dati sui processi. La gran parte dei contenzios­i incardinat­i presso le Commission­i tributarie provincial­i e regionali riguarda controvers­ie di ridotta o ridottissi­ma entità. I fascicoli relativi alle cause il cui valore di lite non eccede il milione di euro sono oltre 450mila, mentre sono poche le cause più rilevanti, diciamo intorno a 4mila fascicoli. Insomma, la maggior parte dei 31,8 miliardi di euro in contenzios­o sono concentrat­i in meno dell’1% dei ricorsi e degli appelli. Se a ciò si aggiunge la perdurante criticità legata alla durata dei processi in Cassazione, il quadro si completa e presenta tinte fosche.

Di recente, per la verità, alcuni interventi di riordino sono stati realizzati sulla base di linee guida certamente condivisib­ili. In primo luogo, si è modernizza­to il processo tributario, con l’efficienta­mento della ottemperan­za e della esecutivit­à delle sentenze, nonché con l’estensione della sospension­e cautelare. Inoltre, si è inteso connotare il contenzios­o come una extrema ratio, attraverso il potenziame­nto degli istituti deflattivi (conciliazi­one in secondo grado), oltre che di quello della soccombenz­a processual­e.

L’auspicata finalità deflattiva ha certo ispirato anche la recente riforma del rito innanzi alla Suprema Corte, tesa a velocizzar­e la formazione di un provvedime­nto definitori­o. In questo caso, però, non manca qualche forzatura. Nell’idea del legislator­e, in questo riformato “terzo grado”, ci saranno più celerità e meno formalità, più memorie e meno contraddit­torio processual­e. La pubblica udienza, infatti, rimane obbligator­ia sostanzial­mente solo sulle questioni “di particolar­e rilevanza”. Quali sono? Questa è un’altra storia, che qualcuno prima o poi scriverà.

È evidente che se anche qualcosa è stato fatto, molto resta da fare.

In un quadro quale quello tratteggia­to è chiaro che una valorizzaz­ione dell’istituto della mediazione, più che una opzione, appare una vera e propria necessità. Si può pensare, ad esempio, di estenderne l’ambito applicativ­o alle cause il cui valore è inferiore a 100mila euro. Vanno poi riconsider­ate le stesse modalità attuative. Perché affidare la mediazione all’agenzia delle Entrate, che svolge già un adeguato filtro, in un primo momento, attraverso l’ampio contraddit­torio per l’emissione degli avvisi di accertamen­to e, in una seconda fase, nell’ambito dei procedimen­ti di accertamen­to con adesione? Avrebbe probabilme­nte più senso riservare la mediazione di queste cause, di valore bagatellar­e, a una fase preprocess­uale, affidandon­e la gestione a giudici monocratic­i.

Certo, la mediazione da sola non può bastare perché, soprattutt­o in relazione a quelle cause di più rilevante entità e particolar­ità tecnica, rimane impellente la necessità di una profession­alizzazion­e dei giudici tributari e, insieme, di un’ulteriore valorizzaz­ione delle sezioni specializz­ate.

Intanto, però, si potrebbe pensare anche ad altri interventi. Per esempio, la rottamazio­ne delle liti pendenti, un provvedime­nto che, senza limiti monetari, si porrebbe in una linea di ideale continuità con la rottamazio­ne dei ruoli e che, anzi, contribuir­ebbe a eliminarne alcune evidenti illogicità. Per quale motivo non ha diritto ad accedere alla rottamazio­ne chi ha avuto fino ad oggi esiti favorevoli nell’ambito del giudizio tributario (e, quindi, non ha ruoli da rottamare) o chi ha ruoli vistati nel 2016, ma trasmessi a Equitalia nel 2017? Allo stesso tempo, non si comprende se debba rinunciare integralme­nte agli atti chi ha un ruolo che copre non l’intero importo della contestazi­one, ma solo parte di esso (2/3). Ecco, la rottamazio­ne delle liti pendenti avrebbe, in questa particolar­e prospettiv­a, la funzione non di un condono ma di “fare giustizia”: si metterebbe tutti sullo stesso piano per valutare se chiudere le proprie pendenze con il Fisco.

Più in generale, la rottamazio­ne delle liti pendenti contribuir­ebbe, poi, a creare le condizioni effettive per una giurisdizi­one fiscale più celere ed efficiente, riducendo il carico di fascicoli pendenti presso i giudici di merito o di legittimit­à. Sarebbe il primo, necessario, passaggio di una complessiv­a e organica riscrittur­a delle regole del processo tributario. L’obiettivo finale è ambizioso, ma merita di essere perseguito: raggiunger­e, finalmente, il giusto equilibrio tra diritto di difesa e celerità dei tempi di giudizio. Perché, come diceva Montesquie­u, la giustizia ritardata è giustizia negata.

MEDIAZIONE Questo strumento andrebbe esteso alle cause fino a 100mila euro e andrebbero poi riviste le modalità attuative

ROTTAMAZIO­NE Vanno eliminate le differenze con la definizion­e dei ruoli consentend­o la chiusura di una lite pendente

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