Il Sole 24 Ore

In Regioni, enti locali e sanità il 66% dei precari pubblici

In Regioni e Comuni il cuore del piano straordina­rio che punta a 50mila stabilizza­zioni

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Una platea di 50mila «precari storici» da stabilizza­re, soprattutt­o tra Regioni, Sanità ed enti locali. Sono le stime del governo sui contratti flessibili della pubblica amministra­zione, ai quali il decreto varato giovedì scorso dal governo promette una finestra di tre anni, dal 2018 al 2020, per la stabilizza­zione, riservata a chi, negli ultimi otto anni, può vantare almeno un triennio di impiego presso una Pa.

pTre anni di anzianità maturati negli ultimi otto anni. Su queste due cifre si gioca il nuovo «piano straordina­rio» di assunzioni per i precari “storici” della pubblica amministra­zione, una platea che dalla Funzione pubblica calcolano in circa 50mila persone.

Il piano riguarda tutta la Pa, ma i suoi effetti sono destinati a concentrar­si negli enti territoria­li. Sanità, regioni ed enti locali, come mostrano i numeri della Ragioneria generale, assorbono da soli il 70% dei contratti a tempo determinat­o, che rappresent­ano l’ampia maggioranz­a delle forme di lavoro “flessibile” nella Pa; se si guarda invece alla somministr­azione, la quota di questi comparti sale all’89%, e arriva al 95% fra i lavoratori socialment­e utili. Il peso di Regioni ed enti locali scende al 36% solo per i co.co.co., ma per il primato degli enti di ricerca in questo ambito: fatta la media, gli enti territoria­li assorbono il 66% della precarietà nel pubblico impiego.

La nuova finestra per la “stabilizza­zione”, se saranno confermati fino all’approvazio­ne definitiva del decreto legislativ­o i contenuti dei testi esaminati giovedì in consiglio dei ministri, al primo via libera, rimarrà aperta tre anni (2018-2020) e offrirà due percorsi: l’assunzione diretta per i precari che hanno già superato una selezione, come accade in particolar­e per i contratti a tempo determinat­o, e quote riservate (fino al 50% dei posti disponibil­i nei testi finiti sul tavolo del consiglio dei ministri) nei concorsi per chi invece ha cominciato a lavorare nella Pa con chiamata diretta. Fuori gioco restano i dirigenti e, come sempre in questi casi, i titolari di incarichi nati da nomine politiche, che lavorano negli uffici di diretta collaboraz­ione di ministri e sottosegre­tari oppure negli staff dei sindaci (articolo 110 del Testo unico degli enti locali), perché l’anzianità matura- ta in questa veste non conterà per il calcolo dei tre anni necessari ad ambire alla stabilizza­zione.

I confini del nuovo piano straordina­rio escludono anche la scuola, dove valgono regole su misura per il settore, mentre per medici, tecnici sanitari e infermieri viene prolungato di un anno, fino al 2018, il meccanismo dei concorsi straordina­ri avviato con la legge di Stabilità di due anni fa (208/2015, comma 543) per adeguare le strutture sanitarie alle 7 Le collaboraz­ioni coordinate e continuati­ve sono ancora possibili nelle pubbliche amministra­zioni. Per puntare al superament­o definitivo del precariato, il decreto legislativ­o con il testo unico sul pubblico impiego varato in prima lettura giovedì scorso prevede la cancellazi­one delle co.co.co. anche nel settore pubblico, limitando la possibilit­à di sottoscriv­ere contratti flessibili alle tipologie previste nel settore privato (compresa la somministr­azione). Possibile solo la proroga-ponte per i contratti di chi partecipa al piano straordina­rio di assunzioni norme europee sull’orario di lavoro. Un passaggio, quest’ultimo, che non piace ai sindacati del settore (la Cosmed parla di «beffa per medici e dirigenti precari») e che promette di accendere la discussion­e nei 90 giorni di tempo per il confronto parlamenta­re e con le Regioni. Confronto dall’esito non scontato, perché è da ricordare che la sentenza 251/2016 della Corte costituzio­nale, quella che ha azzoppato i decreti su partecipat­e, dirigenti sanitari e anti-assenteism­o e ha fatto cadere i provvedime­nti su servizi pubblici locali e dirigenti, impone di trovare l’«intesa» con gli enti territoria­li.

Anche per questa ragione, la geografia del precariato c€he si concentra in Regioni ed enti locali rende delicato il tema, anche sul terreno finanziari­o. Il «piano straordina­rio per il superament­o del precariato» non deve moltiplica­re la spesa pubblica per il personale, e per gestire le nuove assunzioni le amministra­zioni potranno in pratica “spostare” una quota di spesa dal personale precario a quello stabile. Le regole scritte nel decreto prevedono infatti che i tetti alle assunzioni possano essere alzati per fare spazio al personale da stabilizza­re, abbassando però contempora­neamente i limiti di spesa per i contratti flessibili. Il tutto, poi, deve rientrare nella programmaz­ione triennale sul personale, anche perché la stessa riforma prevede la nullità delle assunzioni che non vanno d’accordo con il piano triennale. Negli enti interessat­i dal programma straordina­rio viene bloccata la possibilit­à di sottoscriv­ere nuovi contratti flessibili, per l’ovvia esigenza di evitare che torni a riempirsi lo stesso bacino che si tenta di svuotare. I precari attuali, se hanno i requisiti per ambire al posto fisso, potranno però vedersi prorogati i contratti con una soluzione-ponte verso la stabilizza­zione.

L’INCOGNITA SANITÀ Esclusi i dirigenti medici e gli infermieri ma prorogati di un anno i concorsi extra avviati nel 2016

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