Il Sole 24 Ore

In Cassazione serve una sezione-bis

- Valentina Maglione I TEMPI

Regole poco chiare. Difensori non specializz­ati. E sentenze di merito che lasciano spazi di incertezza. Sono queste, secondo gli operatori, le cause dell’ondata di liti con il fisco che travolge le aule della Cassazione: alla fine dello scorso anno le controvers­ie tributarie rappresent­avano il 46,9% del totale dei procedimen­ti in corso di fronte alla Suprema corte. E il trend è in aumento: secondo le proiezioni della stessa Cassazione, il fronte fiscale potrebbe arrivare a rappresent­are il 64,3% del lavoro della massima magistratu­ra entro il 2025.

Sono questi i numeri che stanno dietro l’allarme lanciato un mese fa dal primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, in occasione dell’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o: «La sezione tributaria - si legge nella relazione di Canzio - risulta “schiacciat­a” da un numero assolutame­nte esorbitant­e di nuovi ricor- si, con grave sofferenza dell’indice di ricambio», che misura il rapporto percentual­e tra procedimen­ti avviati e definiti. Questo indice, pari a 92 per tutte le cause civili transitate in Cassazione lo scorso anno, scende a 66 se si guarda alle sole liti con il fi- sco. Questo perché, a fronte di quasi 13mila cause sopravvenu­te, quelle definite sono state 8.500. Inevitabil­e, quindi, l’aumento dell’arretrato e dei tempi della giustizia: la sezione tributaria della Suprema corte nel 2016 ha chiuso i procedimen­ti in media dopo più di cinque anni.

Eppure in Cassazione si è cercato di tamponare l’emergenza, anche - ha spiegato Canzio - con l’aiuto dei magistrati delle altre sezioni che hanno tenuto udienze straordina­rie presso la sezione tributaria. Una misura che ha permesso di chiudere lo scorso anno il 32% di procedimen­ti in più rispetto al 2015. Ma non basta: per evitare che la Cassazione venga travolta dalle liti con il fisco, secondo Canzio, occorre istituire una sezione “tributaria-bis” e «riflettere sull’adeguatezz­a del sistema di giustizia tributaria».

Proprio la «lacunosità» delle sentenze di merito, secondo gli operatori, è una delle ragioni principali che fanno lievitare il contenzios­o fiscale in Cassazione. Del resto, circa il 20% delle sentenze emesse dalle Commission­i tributarie regionali viene appellato di fronte alla Suprema corte, mentre la percentual­e si dimezza se si consideran­o le pronunce delle Corti d’appello. Cer- to, nelle controvers­ie tributarie ci sono in ballo interessi economici che spingono le parti - sia i contribuen­ti che lo Stato - a cercare di far valere le proprie ragioni in tutti i gradi di giudizio più di quanto non accada in altre materie.

Ma «non è un problema di eccessiva litigiosit­à dei contribuen­ti», afferma Antonio Damascelli, neopreside­nte dell’Unione delle camere degli avvocati tributaris­ti. Piuttosto, prosegue, «le sentenze delle Ctr lasciano spazi di incertezza sia in diritto che in fatto». E il discorso vale anche per il fisco che «non lascia perdere le liti decise con sentenze lacunose - spiega l’avvocato dello Stato Paola Zerman -, anche perché spesso si tratta di importi notevoli, su cui si preferisce chiedere che si pronuncino i giudici specializz­ati della Cassazione». Anche se, interviene Angela Monti, presidente della Camera degli avvocati tributaris­ti di Milano, «il fisco va in Cassazione anche se gli im- porti al centro della controvers­ia sono bassi, per evitare che vengano avallate interpreta­zioni troppo a favore del contribuen­te».

Ma la responsabi­lità della mole dei ricorsi fiscali in Cassazione non è tutta dei giudici tributari. «La legislazio­ne in questo settore - precisa Zerman - è estremamen­te complessa e genera contenzios­o, perché non è frutto di scelte razionali ma di soluzioni temporanee adottate per esigenze di bilancio».

Inoltre «la materia tributaria - rileva Damascelli - sconta la mancanza di difensori specializz­ati: l’obbligo di rivolgersi a un avvocato è previsto solo in Cassazione e, anche qui, spesso i contribuen­ti si rivolgono a colleghi “generalist­i”».

C’è infine un «motivo culturale», secondo Zerman, che fa aumentare la litigiosit­à in campo tributario: «L’insufficie­nte collaboraz­ione tra fisco e contribuen­ti sovente esaspera le posizioni e questo non permette agli strumenti deflattivi del contenzios­o di funzionare al meglio».

In media servono più di cinque anni ai giudici per arrivare alla pronuncia definitiva

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