Il Sole 24 Ore

L’hub logistico e i criteri Ocse

- Di Massimo Bellini e Enrico Ceriana

Nella prima risposta all’interpello sui nuovi investimen­ti, pubblicata nei giorni scorsi, le Entrate affrontano il tema della stabile organizzaz­ione, da sempre controvers­o e oggetto di discussion­i anche a livello internazio­nale, Ocse in primis.

Il caso riguarda la creazione di un hub logistico localizzat­o in Italia in cui saranno stoccati prodotti di proprietà di una società (qui, per semplicità, Beta, residente nello Stato B), che la stessa Beta userà come piattaform­a per distribuir­e in tutto il mondo i prodotti provenient­i dai vari stabilimen­ti di gruppo, italiani e non. Oggetto dell’interpello è stata la conferma che l’hub non costituisc­e stabile organizzaz­ione ( Permanent establishm­ent, Pe) in base alla normativa interna (articolo 162 del Tuir) e alla convenzion­e contro le doppie imposizion­i tra l’Italia e lo Stato B.

Nella risposta l’Agenzia richiama “l’ipotesi negativa”, secondo cui una sede fissa d’affari non costituisc­e stabile organizzaz­ione se viene utilizzata «ai soli fini di deposito, di esposizion­e o di consegna di merci appartenen­ti all’impresa». Sarà inoltre necessario che Beta non effettui il deposito, esposizion­e o consegna anche per conto di altre imprese e che nell’hub non vengano svolte ulteriori attività quali ad esempio quelle di raccolta ordini o vendita. A tali condizioni, non vi sarà stabile organizzaz­ione di Beta in Italia.

Nella risoluzion­e non ci sono riferiment­i alle nuove fattispeci­e di Pe proposte dall’Ocse nel documento sull’azione 7 del progetto Beps. Secondo l’Ocse potrebbero non esserci più ipotesi negative di esistenza della stabile definibili a priori, quali appunto il deposito, l’esposizion­e e la consegna di merci, ma sarà sempre necessario valutare caso per caso se le attività sono effettivam­ente ausiliarie o preparator­ie. Sicurament­e una disposizio­ne che introdurre­bbe notevoli margini di discrezion­alità, in quanto richiedere­bbe valutazion­i soggettive sulla natura dell’attività svolta. A parere dell’Ocse infatti anche un hub può configurar­e una stabile, se svolge una parte essenziale del business. Ciò può accadere, ad esempio, quando un’impresa gestisce un grande magazzino con numero significat­ivo di dipendenti che viene utilizzato per la consegna di beni venduti online.

Comunque, l’Italia non è obbligata ad aderire al nuovo approccio Ocse. L’azione 7, infatti, non fa parte del cosiddetto minimum standard, cioè del pacchetto di misure obbligator­ie cui gli Stati che hanno partecipat­o al Beps dovranno conformars­i. E dalla risposta all’interpello non emergono indicazion­i in tal senso, in quanto il parere è conforme all’attuale disciplina.

Peraltro, solo una modifica normativa permettere­bbe di applicare i concetti Beps. Ciò potrebbe avvenire tramite il recepiment­o dell’articolo 13 della convezione multilater­ale recentemen­te pubblicata dall’Ocse, che porterebbe alla modifica dei trattati stipulati dall’Italia. Tuttavia anche la definizion­e interna di stabile dell’articolo 162 del Tuir dovrebbe essere modificata, altrimenti la norma interna potrebbe trovare applicazio­ne in deroga alle convenzion­i bilaterali secondo l’articolo 169 del Tuir, in quanto disposizio­ne più favorevole.

LE REGOLE DEL TUIR L’Italia non è tenuta a seguire il progetto Beps secondo cui i depositi possono costituire stabile organizzaz­ione

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