L’hub logistico e i criteri Ocse
Nella prima risposta all’interpello sui nuovi investimenti, pubblicata nei giorni scorsi, le Entrate affrontano il tema della stabile organizzazione, da sempre controverso e oggetto di discussioni anche a livello internazionale, Ocse in primis.
Il caso riguarda la creazione di un hub logistico localizzato in Italia in cui saranno stoccati prodotti di proprietà di una società (qui, per semplicità, Beta, residente nello Stato B), che la stessa Beta userà come piattaforma per distribuire in tutto il mondo i prodotti provenienti dai vari stabilimenti di gruppo, italiani e non. Oggetto dell’interpello è stata la conferma che l’hub non costituisce stabile organizzazione ( Permanent establishment, Pe) in base alla normativa interna (articolo 162 del Tuir) e alla convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato B.
Nella risposta l’Agenzia richiama “l’ipotesi negativa”, secondo cui una sede fissa d’affari non costituisce stabile organizzazione se viene utilizzata «ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di merci appartenenti all’impresa». Sarà inoltre necessario che Beta non effettui il deposito, esposizione o consegna anche per conto di altre imprese e che nell’hub non vengano svolte ulteriori attività quali ad esempio quelle di raccolta ordini o vendita. A tali condizioni, non vi sarà stabile organizzazione di Beta in Italia.
Nella risoluzione non ci sono riferimenti alle nuove fattispecie di Pe proposte dall’Ocse nel documento sull’azione 7 del progetto Beps. Secondo l’Ocse potrebbero non esserci più ipotesi negative di esistenza della stabile definibili a priori, quali appunto il deposito, l’esposizione e la consegna di merci, ma sarà sempre necessario valutare caso per caso se le attività sono effettivamente ausiliarie o preparatorie. Sicuramente una disposizione che introdurrebbe notevoli margini di discrezionalità, in quanto richiederebbe valutazioni soggettive sulla natura dell’attività svolta. A parere dell’Ocse infatti anche un hub può configurare una stabile, se svolge una parte essenziale del business. Ciò può accadere, ad esempio, quando un’impresa gestisce un grande magazzino con numero significativo di dipendenti che viene utilizzato per la consegna di beni venduti online.
Comunque, l’Italia non è obbligata ad aderire al nuovo approccio Ocse. L’azione 7, infatti, non fa parte del cosiddetto minimum standard, cioè del pacchetto di misure obbligatorie cui gli Stati che hanno partecipato al Beps dovranno conformarsi. E dalla risposta all’interpello non emergono indicazioni in tal senso, in quanto il parere è conforme all’attuale disciplina.
Peraltro, solo una modifica normativa permetterebbe di applicare i concetti Beps. Ciò potrebbe avvenire tramite il recepimento dell’articolo 13 della convezione multilaterale recentemente pubblicata dall’Ocse, che porterebbe alla modifica dei trattati stipulati dall’Italia. Tuttavia anche la definizione interna di stabile dell’articolo 162 del Tuir dovrebbe essere modificata, altrimenti la norma interna potrebbe trovare applicazione in deroga alle convenzioni bilaterali secondo l’articolo 169 del Tuir, in quanto disposizione più favorevole.
LE REGOLE DEL TUIR L’Italia non è tenuta a seguire il progetto Beps secondo cui i depositi possono costituire stabile organizzazione