«Libera» la diffusione di programmi nelle stanze di hotel
Il prezzo versato dal cliente di un albergo per il pernottamento non può essere equiparato al diritto di ingresso da corrispondere nei casi di comunicazione al pubblico di trasmissioni televisive. Di conseguenza, gli albergatori non sono tenuti a versare un corrispettivo alle società che gestiscono i diritti d’autore. È la Corte di giustizia dell’Unione europea a intervenire, con sentenza del 16 febbraio (C641/15), per delimitare l’ambito di applicazione della direttiva 2006/115 sul diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti che sono connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale.
La controversia nazionale vedeva opposti una società collettiva dei diritti d’autore, che rappresenta numerosi organismi di radiodiffusione in Austria, e un albergo che ritrasmetteva via cavo, in modo simultaneo e completo, programmi radiotelevisivi attraverso gli apparecchi posti nelle camere d’albergo. La prima società chiedeva il pagamento di un corrispettivo. Il Tribunale commerciale di Vienna ha chiesto alla Corte europea di chiarire la nozione di comunicazione in un luogo accessibile al pubblico, in particolare con riferimento alle camere di albergo che hanno carattere privato.
La Corte Ue è intervenuta in parte modificando un precedente orientamento. Per gli eurogiudici, infatti, è vero che in passato è stato stabilito che la fornitura di un segnale attraverso apparecchi televisivi e radiofonici installati nelle camere di albergo è una comunicazione al pubblico, ma questo solo nelle situazioni in cui sia in gioco il diritto esclusivo degli artisti, degli interpreti o degli esecutori e dei produttori dei fonogrammi. Lo scenario cambia, per la Corte Ue, qualora le rivendicazioni provengano, come nel caso al centro del rinvio pregiudiziale, da organismi di radiodiffusione. In questa situazione – osserva Lussemburgo – l’articolo 8 della direttiva 2006/115 circoscrive il diritto esclusivo degli organismi di radiodiffusione ai soli casi in cui si tratti di «luoghi accessibili al pubblico mediante pagamento di un diritto di ingresso». Su questa nozione, in linea con la Convenzione di Roma del 1961, gli eurogiudici propendono per una interpretazione restrittiva e hanno escluso che le camere di albergo possano rientrare nella categoria di luoghi accessibili al pubblico mediante il pagamento di un diritto di ingresso.
Il prezzo di una camera di albergo – precisa la Corte Ue - non è equiparabile a un diritto di ingresso corrispettivo di una comunicazione al pubblico di un’emissione televisiva o radiofonica perché si tratta, in via principale, del «corrispettivo di un servizio di alloggio, cui si aggiungono, a seconda della categoria dell’albergo», determinati servizi supplementari, compresi in ogni caso nel pernottamento. È vero che la distribuzione del segnale da apparecchi televisivi e radiofonici è una prestazione di servizi supplementare che può influenzare la permanenza in una struttura, con conseguenze sul prezzo della camera, ma questo non incide sulla circostanza che l’offerta non avviene in un luogo accessibile al pubblico mediante il pagamento di un prezzo di ingresso. Di qui la conclusione che la comunicazione attraverso gli apparecchi di camere d’albergo non rientra, se la rivendicazione arriva da organismi di radiodiffusione, nell’ambito del diritto esclusivo della direttiva 2006/115.