LA RETTIFICA IN ASSENZA DI MAGGIOR CORRISPETTIVO
La società a vende alla società b un immobile strumentale con opzione per l’applicazione Iva, ai sensi dell’articolo 8 ter, Dpr 633/72. La società b provvede a registrare la fattura in regime di reverse charge – quindi Iva a credito e debito. In caso di eventuale accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria che consideri il valore normale superiore a quello di vendita, per esempio per 100.000 euro, si chiede quali siano le somme e le sanzioni applicabili sia per la venditrice che per la società acquirente.
La norma Iva si applica sui corrispettivi applicati dalle parti all’operazione, ai sensi dell’articolo 13, Dpr 633/72, che in tema di base imponibile, dispone appunto l’applicazione dell’Iva all’”ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali”. Pertanto, nel caso in esame, ove alla rettifica di valore non corrisponda il rilievo di maggiori corrispettivi scambiati dalle parti ed eventualmente non dichiarati, l’operazione dal punto di vista Iva non può essere oggetto di una contestazione da parte del fisco. Nel caso in cui l’agenzia delle Entrate accerti che il corrispettivo percepito dal fornitore è diverso da quello esposto in fattura, alla società venditrice può essere irrogata la sanzione amministrativa compresa tra il cinque ed il dieci per cento dei corrispettivi non fatturati, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del Dlgs 471/97. Tuttavia, la stessa norma dispone che quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito (perché ad esempio la società venditrice ha dichiarato il ricavo) si applica la sanzione amministrativa da 250 a 2.000 euro. Invece, alla società acquirente può essere applicata la sanzione “fissa” da 500 euro a 20 mila euro, prevista dall’articolo 6 comma 9 bis del Dlgs 471/97. Nel caso in cui la società acquirente abbia il pro rata di detrazione, la sanzione è pari al 90% dell’Iva non detraibile.