Yellen: rialzo tassi a marzo, poi altri due «L’economia Usa centra gli obiettivi»
Yellen prepara la strada a un aumento dei tassi alla riunione Fomc del 14-15
Janet Yellen ha sciolto ogni riserva: se non ci saranno impreviste incognite in agguato nell’economia, fra neppure due settimane la Federal Reserve ha tutte le intenzioni di procedere senza indugi a un nuovo rialzo dei tassi d’interesse americani. Una mossa richiesta dallo stato incoraggiante dell’espansione - in particolare dell’occupazione e dell’inflazione - e pronosticata ormai con certezza dai mercati.
«Al nostro vertice di questo mese, valuteremo se occupazione e inflazione stanno continuando a evolvere in modo coerente con le nostre attese; in qual caso un ulteriore aggiustamento dei tassi sui federal funds sarebbe probabilmente appropriato», ha dichiarato il presidente della Banca centrale intervenendo all’Executives Club di Chicago.
Yellen ha anche previsto, o meglio confermato, che nelle carte delle Fed c’è una serie di tre strette di un quarto punto entro fine anno, che dovrebbe nei fatti archiviare la lunga campagna di stimolo economico messa in atto per assicurare sostegno a un’espansione sottotono dopo l’uscita dalla crisi del 2008. «In assenza di nuovi sviluppi che possano far peggiorare significativamente l’outlook economico - ha detto - il processo di riduzione della politica accomodante della crescita non sarà probabilmente lento come lo è stato nel 2015 e 2016», quando cioè da dicembre a dicembre sono scattate solo due strette.
«Nell’insieme, la prospettiva di una ulteriore crescita a passo moderato appare incoraggiante», ha affermato Yellen. E ha sottolineato che sono rientrati, con i dubbi sulla solidità domestica, i pericoli di instabilità, shock e contagi sul palcoscenico internazionale: «I rischi che emanano dall’estero sembrano essere parzialmente diminuiti».
Le parole della Yellen sono state particolarmente significative perché sono le ultime pronunciate da un esponente delle Fed sulla politica monetaria prima dell’ingresso dei vertici nel cosiddetto “quiet period”, il conto alla rovescia verso l’incontro convocato per il 14 e 15 marzo e durante il quale ai banchieri centrali statunitensi è vietato esprimersi sulle imminenti scelte. Non sono state, però, una sorpresa. Numerosi influenti membri del Federal Open Market Committee, da William Dudley della sede di New York a John Williams di San Francisco, nei giorni scorsi avevano telegrafato le intenzioni della Fed, affermando che il momento di una nuova stretta era ormai prossimo. Gli analisti di JP Morgan hanno giudicato il cambiamento di linguaggio da parte della Fed, che in precedenza era parsa suggerire un rinvio di nuovi interventi fino a maggio o giugno, «rapido e deciso».
L’indicazione in arrivo dai governatori ha trovato conforto di recente nei dati: l’inflazione, in passato tallone d’Achille della ripresa, per la prima volta da tempo si è avvicinata al target ideale del 2%, facendo segnare in gennaio l’1,9% su base annuale quando misurata dall’indicatore preferito dalla stessa Banca centrale, i prezzi legati alle spese dei consumi personali. La disoccupazione è ormai a livelli considerati minimi dall’Istituto centrale, ferma al 4,8% in gennaio. «L’economia ha essenzialmente raggiunto livelli che rispettano la porzione del nostro mandato che riguarda l’occupazione e l’inflazione si sta avvicinando al nostro obiettivo del 2 per cento».
Le piazze future avevano già reagito alla svolta in divenire: le probabilità di un rialzo immediato dei tassi di un quarto di punto, alla fascia compresa tra lo 0,75% e l’1%, viene ormai data da alcuni giorni al 70-80 per cento. Ieri, subito dopo il discorso di Janet Yellen, le chance calcolate dal Cme, il Chicago Mercantile Exchange, sono lievitate ancora, all’82 per cento.
SEGNALI INCORAGGIANTI «Al vertice di questo mese valuteremo se occupazione e inflazione continuano a evolversi in modo coerente con le nostre attese»