Gm riparte più leggera senza Opel da rilanciare
pPer 90 anni General Motors ha controllato Opel. Ma la cifra da tenere oggi in considerazione, per gli americani, è tutt’altra: 16. Sono gli anni consecutivi di perdite ormai inanellate dalla grande controllata europea della casa americana. Anni nei quali ha provato ripetutamente a ristrutturare e rilanciare Opel senza mai riuscirvi.
L’interrogativo dal passato diventa così il futuro per la Gm orfana di Opel: analisti e investitori aspetteranno al varco la performance della più agile azienda ideata dal chief executive Mary Barra. Un gruppo che con l’abbandono di Opel dimostra nei fatti e non solo a parole di non preoccuparsi più, almeno per ora, dell’ambizione di tornare la più grande al mondo. Per dedicare tutta l’attenzione invece ai conti e alla redditività.
Gli analisti e gli investitori americani hanno tirato quantomeno un sospiro di sollievo davanti alla mossa in arrivo domani: a loro avviso Gm, anche qualora non intascasse nulla o addirittura finisse per pagare qualche onere per la cessione, si libera di una zavorra ormai inservibile per i suoi flussi di cassa. Ancor più dopo che Brexit rischia di frantumare il difficile mercato del Vecchio continente. La reazione si è vista in Borsa. A Wall Street il titolo del colosso di Detroit ha guadagnato quasi il 7% da quando sono venute alla luce le notizie sulle trattative or- mai in stadi avanzati con Psa, dopo che avevano a lungo languito nonostante i robusti bilanci trimestrali ormai ritrovati dal gruppo dopo l’uscita dalla crisi del 2008 e dall’amministrazione controllata nel 2009 grazie al soccorso del governo di Barack Obama.
Brexit ha indubbiamente accelerato la svolta che adesso matura: senza il voto sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea Gm aveva previsto di arrivare in pareggio nel 2016 in Europa. Un traguardo che era adesso slit- tato al 2018 aggravando le prospettive di un passivo complessivo che ha raggiunto i 9,1 miliardi di dollari in Europa negli ultimi otto anni. «La decisione di uscire è da manuale - ha indicato Brian Johnson di Barclays - togliere risorse da mercati non attraenti e dove il gruppo ha una posizione competitiva debole, per muoversi verso mercati più attraenti e che offrono posizioni forti». Il riferimento è a regioni quali la Cina e lo stesso Nordamerica, dove Gm sta scommettendo su veicoli self driving e elettrici oltreché sui tradizionali grandi Suv e furgoni. La cessione di Opel, ha aggiunto Karl Bauer di Kelley Blue Book, è inoltre la prova della priorità oggi data dalla casa americana a solide performance finanziarie rispetto a obiettivi di vendita.
Gli ostacoli finali ad un annuncio dell’operazione fin da domani sarebbero stati superati in queste ore. Tra questi un maggior investimento di Gm in Opel per coprire oneri pensionistici considerati eccessivi. Poi Opel e i suoi 38.000 dipendenti - concentrati anzitutto in Germania e Gran Bretagna e meno probabili licenziamenti stimati in forse cinquemila dagli analisti di Evercore Isi - entreranno a far parte del nuovo “campione europeo” promesso da Peugeot.
Evercore, nei giorni scorsi, aveva stimato che una cessione potrebbe avvenire per un miliardo ma che a conti fatti, comprese intese su debiti o oneri, Gm potrebbe anche contribuire pur di sbarazzarsi della storica Opel.
E di passare la mano alle ambizioni di Psa per la gestione di un consolidamento del mercato europeo dell’auto da tempo invocato dagli analisti. E con questo la speranza di strappare maggior efficienza, risparmi e forse profitti dalla combinazione, questa volta, di due gruppi europei, che nel Vecchio continente avrebbero il 70% delle loro vendite. Gm, intanto, guarderà altrove.
UN ROSSO DI 9,1 MILIARDI Dopo sedici anni di perdite della controllata tedesca, il gruppo di Detroit si potrà concentrare ora su Usa e Asia: in Borsa i titoli saliti del 7%