Il fondo dell’informazione
William “Bill” Binney (lui stesso) ancora inorridisce pensando ai disperati che l’11 settembre 2001 si buttavano dalle torri del World Trade Center. ThinThread li avrebbe potuti salvare, dice. Dall’altra parte della macchina da presa c’è Friedrich Moser, regista e sceneggiatore austriaco di A Good American (Austria, 2015, 100’). L’ex direttore tecnico della Nsa (National Security Agency) è un “whistleblower”, termine difficile da rendere in italiano. Nel settembre 2001 Binney ha accusato la Nsa d’avere insabbiato appunto ThinThread, il suo programma di analisi delle comunicazioni che avrebbe potuto scoprire e fermare gli attentatori delle Twin Towers. Ora è qui a rinnovare l’accusa, da buon americano che crede nella costituzione del suo Paese e nel ruolo decisivo della conoscenza per la gestione del potere. Le guerre, sostiene, sono causate nella maggior parte dei casi dalla disinformazione dei leader. E alla loro informazione lui ha dedicato per decenni il suo lavoro.
La biografia da analista di Binney è ormai antica. La racconta lui stesso, partendo dall’epoca della guerra in Vietnam, quando decrittava dalla Turchia le comunicazioni dell’esercito russo. Già allora era certo che il comportamento umano sia tanto schematizzato, da poterne ricostruire il modello con calcoli matematici. Oggi si direbbe: con algoritmi applicati a metadati, cioè a dati che riguardano altri dati. Quello che conta, dice Binney, non è tanto comprendere le singole comunicazioni, quanto sapere fra chi avvengano, con quale lunghezza, con quale frequenza e così via.
In questo modo, spiega, nel 1968, ancor prima dell’informatizzazione, ero riuscito a prevedere con due mesi di anticipo l’invasione della Cecoslovacchia, e sempre nel 1968 l’offensiva del Têt, che segnò la fine dell’avventura in Vietnam. In entrambi i casi fui inascoltato, proprio come sarebbe poi avvenuto nel 1973 per la guerra dello Yom Kippur e nel 1979 per l’invasione sovietica dell’Afghanistan.
Arrivato alla Nsa, Binney trova sulla
scrivania un Pc con due floppy disk e 640k di memoria operativa. Con quella macchina oggi quasi ridicola – e certo inconfrontabile con i «tre ettari di computer» a disposizione degli informatici ufficiali dell’agenzia –, il “buon americano” comincia ad analizzare metadati secondo un programma che chiama ThinThread. Attorno a lui si forma un gruppo di lavoro piccolo e isolato, che insospettisce i responsabili della Nsa. Il (loro) problema pare sia il costo molto limitato di ThinThread, che rederebbe inutili gli ingentissimi fondi che il Congresso è invece disposto a fornire.
L’ottimo Binney non lo dice, ma a noi pare che inizi così il confronto tra il suo ottimismo di esperto e di matematico e la realtà del potere. Prima ancora di arrivare al suo vertice, su fino ai leader, il comportamento di chi lo gestisce non è schematizzabile, o non lo è nella sua stretta (e in qualche modo ingenua) logica matematica. Chi sta a capo della Nsa può avere, e ha, interessi che non coincidono con quelli di una risposta veloce ed efficace alle minacce di nemici e terroristi. Forse, per loro sono prioritarie le relazioni personali ed economiche che li hanno portati così in alto. Forse, per loro è importante dare in appalto all’esterno funzioni che potrebbero essere svolte all’interno, a un costo decine o centinaia di volte inferiore.
Siamo così al 2001 (dopo che nel 1993, sostiene Binney, già ThinThread ha inutilmente indicato Osama Bin Laden dietro l’attentato del 26 febbraio nel parcheggio sotterraneo del World Trade Center). L’11 settembre le torri sono colpite, migliaia di uomini e donne muoiono, molti di loro gettandosi nel vuoto. E secondo Maureen Baginski, Executive Assistant Director for Intelligence del Fbi, si tratta «di una manna per l’Agenzia: adesso avremo tutti i soldi che ci servono».
Quanto a Binney, all’ottimo Binney, ora è qui davanti a noi nel bel documentario di Moser, a dirci quanto si potrebbero ridurre le guerre, se solo i leader fossero informati di più e meglio. %%%%%