Da Riad «segnali di pace» allo shale oil americano
Il ministro al-Falith però avverte: la r ipresa del bar ile è fragile e l’offerta Usa cresce velocemente L’Opec e il settore del petrolio di scisto devono cooperare
pL’Opec lancia “un messaggio di pace” ai produttori di shale oil, soprattutto Usa che suona più o meno così: i tanti player americani del comparto non devono smettere di produrre e il Cartello dei Paesi esportatori deve imparare a lavorare con loro. È quanto emerso alla conferenza internazionale sul petrolio di CeraWeek (Houston, Texas) dove migliaia di executive di società petrolifere e ministri dell’energia di molti Paesi esportatori si sono incontrati per fare il punto della situazione del settore. Ora l’atmosfera è molto più rilassata di quella dell’anno scorso, quando i prezzi del barile erano crollati attorno ai 30 dollari e quando l’Arabia Saudita ipotizzava la scomparsa dei produttori proprio di shale oil - ritenuti responsabili del forte aumento dell’offerta mondiale di greggio e della conseguente estrema debolezza dei prezzi - per consentire all’industria petrolifera tradizionale di intraprendere la via della ripresa. In quel periodo, mentre dozzine di produttori Usa di petrolio di scisto fallivano, l’Opec riusciva a serrare le fila e a raggiungere un accordo per ridurre la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno, per ridurre il surplus di offerta e dare il via al recupero dei prezzi, che attualmente oscillano attorno ai 56 dollari al barile per il Brent e a 53 dollari per il Wti.
Il sentiment quindi ora sta cambiando. Come avvenne in pratica negli anni ’70 quando l’Opec dovette accettare di dover convivere con l’ingente flusso di greggio che stava arrivando dal mare del Nord. Che gli Usa rappresenteranno nei prossimi anni una delle maggiori fonti di petrolio ormai è un dato di fatto. Tanto vale accettarlo e conviverci. E il ministro saudita per il petrolio, Khalid al-Falith (artefice dell’ultimo storico accordo Opec) ha salutato positivamente la ripresa - grazie a importanti recuperi di efficienza - della produzione Usa di shale oil, vista con un buon segnale per l’industria petrolifera nel nel suo complesso. Al tempo stesso però ha sottolineato la fragilità dell’attuale ripresa dei prezzi ammonendo molti big settore: «L’Arabia Saudita non si farà sfruttare dagli altri». «Vediamo molti segnali di ripresa, soprattutto qui negli Stati Uniti. Temo però - ha proseguito - che la produzione locale stia crescendo troppo velocemente». Riad sta mantenendo gli impegni in materia di tagli produttivi, anzi ha ridotto più del dovuto al sua offerta, al contrario di molti altri big. L’Opec nel complesso sta rispettando all’86% le riduzioni all’offerta previste. Anche la Russia, che appoggia la strategia Opec, sta pompando greggio oltre i limiti stabiliti. Di tutto questo comunque se ne riparlerà al prossimo vertice Opec in programma a fine mese.