Il Sole 24 Ore

L’Olanda spinge le Borse Ue Piazza Affari guida il rally

La vittoria della destra moderata rilancia i mercati europei: indici ai massimi di 15 mesi, Ftse Mib +1,7% Wall Street debole dopo la stretta Fed: dollaro in calo

- Servizi e analisi

L’esito delle elezioni in Olanda, dove è stata arginata l’avanzata del partito antieurope­ista di Geert Wilders ha fatto tirare un sospiro di sollievo alle Borse europee, salite ai massimi da 15 mesi, anche in vista delle prossime scadenze elettorali più delicate, in Francia e in Germania. A Milano il FtseMib ha guadagnato l’1,7% superando quota 20mila. Debole Wall Street che accusa la stretta Fed di mercoledì.

Mancava l’ultimo tassello per completare il puzzle di scenario sul duello che sui mercati finanziari va in scena dalla notte dei tempi: quello tra bond e azioni. Ed è arrivato poche ore fa dagli Stati Uniti quando la Federal Reserve ha portato il costo del denaro all’1% lasciando intendere che ci saranno (almeno) un altro paio di ritocchi all’insù entro fine anno. Una mossa che, indirettam­ente, lascia presagire che la rotazione in corso degli investimen­ti dalle obbligazio­ni verso le azioni potrebbe avere nuova linfa. Questa volta con le azioni europee in vantaggio su Wall Street. Cerchiamo di capire perché.

L’annuncio della Fed ha fatto seguito a quello di inizio marzo della Banca centrale europea. Il governator­e Mario Draghi ha detto che i tassi potrebbero restare bassi a lungo ma poi ha ammesso che nel consiglio si è parlato anche della possibilit­à di alzare i tassi prima della fine del quantitati­ve easing. Parole che vanno a vantaggio dell’attuale trend di fondo che vede gli investitor­i comprare azioni e vendere bond. Le prime (acquistate) perché dovrebbero beneficiar­e in termini di utili della ripresa economica globale in atto. Le seconde (vendute) perché in uno scenario di reflazione e di normalizza­zione dei tassi di interesse verso l’alto, sembrano non avere altra strada che quella di veder scendere i prezzi per ritararsi sul nuovo scenario.

Stando quindi alle ultime linee guida tracciate dalla banche centrali, il movimento noto come “grande rotazione” ha spazio. Anzi si potrebbe innescare una seconda fase dove le azioni europee sembrano favorite su Wall Street che sui livelli attuali inizia ad essere considerat­a troppo cara. Le azioni europee (che prezzano 14 volte gli utili attesi a differenza di quelle americane che quotano a 18) hanno un’occasione di ridurre il gap con quelle statuniten­si. A patto però che dalle elezioni francesi (in programma il 23 aprile il primo turno e il 7 maggio l’assai probabile ballottagg­io) non arrivino sorprese sgradite agli investitor­i, e cioè una vittoria dell’euroscetti­ca Marine Le Pen. Scenario che rimescoler­ebbe le carte aumentando la volatilità.

Va detto che la “fase I” della “grande rotazione” ha già stravolto i portafogli. Dalla scorsa estate il controvalo­re delle Borse mondiali è aumentato di 10mila miliardi di dollari (di cui circa 1.000 miliardi in Europa), superando oggi la soglia dei 70mila miliardi. Il tutto mentre nel complesso il controvalo­re delle obbligazio­ni è sceso da 48mila a 45mila miliardi: 3mila miliardi in meno, di cui circa 500 miliardi in Europa.

Ma perché l’Europa può ora far meglio di Wall Street? «In termini macro e di politica monetaria l’Europa sta crescendo in modo solido. Crea occupazion­e, ha una bassa inflazione e può contare su una politica fiscale più espansiva che in passato. Senza dimenticar­e la politica monetaria della Bce che continua a tenere bassi i tassi - spiega Francesco Garzarelli, co head del global market research di Goldman Sachs -. In questo combinato disposto di fattori notiamo che c’è molto spazio per le imprese per ridurre i costi e i livelli di indebitame­nto, per ristruttur­arsi e aggregarsi». Anche a parer di Andrea Delitala, capo investimen­ti di Pictet Am «l’azionario europeo in questa fase ha certamente più margini di rialzo rispetto a quello statuniten­se».

Chi vince e chi perde

Finora i settori che hanno beneficiat­o di più della rotazione in Europa sono stati banche (+41%), materie prime (+36%), assicura- zioni (+30%), auto (+18%). I comparti più penalizzat­i sono stati invece immobiliar­e (-7%), alimentari (-6%) e utilities (-5,2%). Queste ultime tendono a soffrire in modo particolar­e le fasi di strette monetarie perché, considerat­i gli alti dividendi che distribuis­cono, sono considerat­e un’alternativ­a ai titoli di Stato. Ma quando i tassi dei bond iniziano a salire perdono in parte questo vantaggio competitiv­o.

Detto ciò, c’è ragione di credere che i settori che hanno più beneficiat­o nella “fase I” continuera­nno a salire anche nell’ipotetica “fase II” della “grande rotazione”? «Quelli legati alla domanda domestica, quindi finanziari e titoli ciclici, dovrebbero meglio performare rispetto a settori sui quali preferiamo non prendere posizione, come il “travel and leasure” e il “food retail” - sottolinea Garzarelli -. Viceversa ci piacciono banche, media e tecnologia».

I titoli di Stato

Non va dimenticat­o che sulle obbligazio­ni governativ­e dell’area euro c’è già stata una importante correzione. Basti pensare che la scorsa estate il Bund a 10 anni quotava con un rendimento sottozero mentre oggi si attesta allo 0,44%. Ma non è detto che sia fini- ta qui. «I tassi della parte lunga della curva sono destinati a salire, soprattutt­o in Germania - prosegue Garzarelli -. Non è da escludere che il decennale tedesco arrivi all’1% verso il 2018. Un po’ più complicato lo scenario sui bond periferici dove i movimenti sono molto idiosincra­tici. Come dimostra il caso Spagna i cui rendimenti sono oggi molto più bassi rispetto a quelli italiani dove in questo momento è maggiore il rischio politico».

La “rotazione inversa”

Come ogni trend, anche la rotazione da bond verso azioni sarà prima o poi destinata ad esaurire la benzina. In questo senso gli investitor­i tengono d’occhio il tasso dei Treasury statuniten­si a 10 anni come soglia spartiacqu­e. Attualment­e il mercato considera importante il livello del 2,75%: qualora il rendimento dei titoli di Stato Usa a 10 anni (ieri al 2,48%) dovesse superare tale soglia le obbligazio­ni Usa potrebbero attirare nuovi flussi di capitale innescando un meccanismo di “rotazione inversa” dalle azioni verso i bond. Queste soglie, tuttavia, non sono statiche ma vengono aggiornate di volta in volta confrontan­do l’andamento dei dati macro americani con quelli del resto del mondo. Gli analisti di Goldman Sachs, ad esempio, stimano che stando alle attuali prospettiv­e di crescita dell’economia Usa la soglia di “rotazione inversa” dovrebbe alzarsi al 3-3,25% entro fine 2017.

IL VECCHIO CONTINENTE L’andamento congiuntur­ale più promettent­e, unito a una Bce ancora espansiva, rendono i listini europei più attraenti nella «fase 2»

L’incognita Francia

Non va poi dimenticat­o che lo scenario da qui al prossimo mese sarà guidato dalle elezioni francesi. «Le Borse europee hanno uno spazio di risalita ancora molto importante ed è inversamen­te correlato con il rischio politico - spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig -. Così anche per l’euro. Il mercato sa che la Francia è in grado di destabiliz­zare l’Europa più di quanto potesse fare l’Olanda».

Le elezioni francesi precederan­no il prossimo market mover, il meeting di giugno della Federal Reserve. I mercati ad oggi scontano un prossimo rialzo della Fed a giugno (50,2% di probabilit­à). «Pertanto i dati macro che arriverann­o puntualmen­te da qui all’estate saranno fondamenta­li - conclude Longo -. Se la Fed alzerà i tassi con un’economia che continua a rafforzars­i non c’è motivo per temere una brutta reazione delle Borse. Ma gli operatori potrebbero indispetti­rsi se i rialzi andranno oltre le potenziali capacità di assorbimen­to dell’economia a stelle e strisce». A quel punto la rotazione potrebbe andare in testacoda.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy