Limiti per i magistrati in politica: saranno candidabili solo «fuori sede»
Intesa nella maggioranza su un Ddl che pone limiti all’ingresso dei magistrati in politica: saranno candidabili solo «fuori sede». Contano gli ultimi 5 anni di attività. Il rientro sarà invece possibile solo in un altro distretto. Il Ddl arriverà in Aula alla Camera lunedì.
Se la proposta di legge che la Camera si appresta a esaminare fosse stata in vigore nel 2004, Michele Emiliano non avrebbe potuto candidarsi a sindaco di Bari. Il motivo? Era stato fino ad allora sostituto procuratore nella Dda del capoluogo pugliese: le nuove norme prescrivono una pausa di almeno cinque anni prima di poter diventare candidabili se il servizio è stato prestato «presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte, nel territo- rio della provincia in cui è compreso il comune». E in ogni caso prevede che siano collocati in aspettativa da almeno sei mesi all’accettazione della candidatura. Stessa sorte sarebbe toccata a Luigi De Magistris, eletto europarlamentare nella circoscrizione Italia meridionale nel giugno 2009: fino a poco prima era sostituto procuratore a Catanzaro e ottenne l’aspettativa dal Csm a fine luglio.
Incandidabile sia a livello locale sia nazionale sarebbe stato anche il senatore exPdoggiMdp Felice Casson, p ma Venezia dal 1993 al 2005, quando partecipò alla corsa a sindaco. Un anno dopo fu eletto in Parlamento con i Ds. La senatrice Pd Anna Finocchiaro, sostituto procuratore a Catania fino al 1987, non avrebbe potuto essere eletta deputata Pci lo stesso anno. Né avrebbe potuto essere consigliera comunale dal 1988 al 1995. La senatrice Mdp Doris Lo Moro, giudice a Lamezia Terme dal 1988 al 1993, non avrebbe potuto essere eletta sindaca. Si sarebbero salvati in tre tra le attuali toghe in Parlamento. Due grazie alle elezioni anticipate: in quel caso per candidarsi, con le nuove norme, ba- sta che i magistrati risultino in aspettativa all’accettazione della candidatura. Un requisito che aveva sia Stefano Dambruoso (Civici e Innovatori), eletto nel 2013, sia la presidente Pd della commissione Giustizia, Donatella Ferranti, eletta nel 2008. Entrambi erano già fuori ruolo. Il terzo in regola sarebbe stato Nitto Palma (Fi), primo firmatario della legge, ormai in pensione insieme ad altri due senatori ex toghe: il presidente Pietro Grasso e l’azzurro Giacomo Caliendo. Pure loro non avrebbero potuto candidarsi.