Il Sole 24 Ore

Nel budget di Trump tagli per ambiente e aiuti all’estero

La finanziar ia 2018 proposta dal presidente premia sicurezza esterna e interna Tagli drastici a welfare, diplomazia e aiuti all’estero

- Marco Valsania

Il primo budget Usa presentato da Donald Trump prevede più stanziamen­ti per difesa e sicurezza interna, a fronte di forti tagli per ambiente, sanità e aiuti internazio­nali. Intanto due giudici federali hanno bloccato anche il nuovo bando agli immigrati da Paesi musulmani.

p Sono soltanto 53 pagine. Uno “skinny budget”, una proposta magra, com’è tradiziona­lmente definita la prima volta d’un presidente in materia di bilancio e spesa pubblica. In questo caso, anzi, ridotta all’osso. Ma non tanto per il numero di pagine, nonostante sfiguri se confrontat­a con le 150 del democratic­o Barack Obama o le 200 del repubblica­no George W. Bush. Quanto per la ferocia politica: il piano di Donald Trump, affamato di America First, “sbrana” come mai nella recente storia interi enti federali e pezzi di ministeri - dalla cultura ai media pubblici - e ne tramortisc­e altri - protezione ambientale, diplomazia e aiuti internazio­nali, ricerca medica e sussidi ai meno abbienti. Premiando quasi esclusivam­ente la sicurezza esterna - la spesa del Pentagono - e interna, gli investimen­ti in Homeland Security a cominciare da un multimilia­rdario muro contro il Messico e da centri di detenzione per i clandestin­i.

È un budget d’assalto. Una clava politica che porta la firma delle correnti repubblica­ne più conservatr­ici, da sempre avverse a investimen­ti pubblici in cultura e welfare in vigore dalla Guerra contro la Povertà di Lyndon Johnson negli anni 60, come quella del guru del neo-naziona- lismo economico della Casa Bianca Steve Bannon. Un budget da “hard power” contro gli sprechi l’ha definito il direttore dell’Ufficio di Bilancio della Casa Bianca Mike Mulvaney. Una guerra ai poveri, all’ambiente e alla cultura, hanno ritorto i critici. Di sicuro una clava provocator­ia - 19 enti federali perdono del tutto i fondi e persino dai servizi d’emergenza quali Guardia Costiera e Protezione Civile sparisce il 14% e l’11% delle risorse — tale da scatenare polemiche non solo con l’opposizion­e democratic­a ma con i repubblica­ni moderati. E che difficilme­nte potrà superare indenne il Congresso, autore della legislazio­ne di bilancio al termine di mesi di audizioni, risoluzion­i e 12 separate leggi di stanziamen­to. Parlamenta­ri repubblica­ni di stati dall’Alabama al Maine faticheran­no a digerire draconiani risparmi a programmi diretti ai residenti, quali migliori previsioni di uragani e bonifiche. Ma la proposta della Casa Bianca - vestita da neutralità tra nuovi risparmi e nuove uscite con 1.115 miliardi in spesa discrezion­ale per l’anno fiscale 2018 senza toccare le voci tabù di pensioni e sanità per gli anziani - punta a tenere a battesimo una nuova era: un ripensamen­to riduttivo dell’attività del governo e del moderno apparato amministra­tivo.

Questo scontro è appena agli inizi. Mentre si contano potenziali vincitori e vinti della prima offensiva di Trump. Aumentano del 13,3% i fondi per il dipartimen­to dei Trasporti, ma soprattutt­o viene chiesta la privatizza­zione del controllo del traffico aereo. Il ministero dei Veterani riceverebb­e il 10,2% in più, 7,3 miliardi, destinati all’uso di servizi privati anziché pubblici. La Difesa, dato preannunci­ato, riceve un incremento del 10%, almeno 52,3 miliardi: Trump chiede altri 30 miliardi per combattere lo Stato Islamico. Homeland Security ha un premio netto del 7%, 3 miliardi, gonfiato dagli sforzi anti-immigrazio­ne: tre miliardi vengono già chiesti per l’anno in corso, metà per studi sul muro e metà per nuovi agenti di frontiera e carceri per clandestin­i, altri 4,5 miliardi per l’anno prossimo, 2,6 per il muro, portando il totale biennale oltre i 7 miliardi. Anche se il muro resta problemati­co con stime di costo di 21 miliardi.

Sono tuttavia i perdenti ad attirare l’attenzione. L’Agenzia per la Protezione Ambientale (Epa) perde circa il 30% dei fondi con l’eliminazio­ne di programmi sull’energia pulita, il risanament­o di aree quali i Grandi Laghi, gli investimen­ti in ricerca e nella lotta al- l’effetto serra. La Casa Bianca, in un documento altrimenti privo di stime economiche, calcola qui l’eliminazio­ne di 3.000 posti di lavoro. Il dipartimen­to al Commercio vede sparire il 17% delle risorse grazie a risparmi nella National Oceanic and Atmospheri­c Administra­tion e nelle sue attività su oceani, coste e impatto del cambiament­o climatico. Il dipartimen­to dell’Energia subisce tagli del 5,4% che cancellano la promozione di energie rinnovabil­i.

Le strategie anti-povertà soffrono altrettant­o: il dipartimen­to dell’Agricoltur­a perde il 29% dei fondi, 7,3 miliardi, dedicati a buoni pasto per donne e bambini e risanament­o di aree disagiate. La sanità cede il 23%, quasi 20 miliardi, tra i quali 5,8 miliardi tolti alla ricerca. Spariscono sussidi da 4,2 miliardi per assistenza e riscaldame­nto delle famiglie povere. Dal Lavoro svanisce il 21% del budget, 2,6 miliardi, con programmi di riqualific­azione per anziani e giovani disagiati. L’Edilizia e Sviluppo urbano rinuncia al 15%, 19,5 miliardi, compreso un programma da tre miliardi durato 42 anni a sostegno di comunità locali. Cultura e scuola escono pesantemen­te sconfitti: l’istruzione cede il 13,6% dei fondi, con un aumento da 1,4 miliardi solo per voucher e sostegno pubblico a istituti privati. Gli enti preposti all’arte e alla Tv e radio pubblica perdono completame­nte i finanziame­nti, circa 750 milioni, necessari a raggiunger­e aree rurali e povere del Paese. Pesanti tagli colpiscono inoltre diplomazia e politica internazio­nale. Il dipartimen­to di Stato, assieme a programmi di aiuti all’estero parte di USAID e del Tesoro, vede il budget crollare del 28,5%, di 10,8 miliardi.

RIDOTTI ALL’OSSO Il muro multimilia­rdario contro il Messico e centri di detenzione per i clandestin­i hanno la meglio su cultura, ricerca medica e sussidi

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