Le vere incognite: Le Pen, inflazione, Qe e strategie dei «robot-trader»
In molti hanno attribuito al voto olandese il ruolo di market mover sui mercati. La realtà, a ben vedere, è diversa. La riprova? Una tra le tante la fornisce l’indice sulla volatilità, il Vix. Questo, nel momento in cui sale (o scende), indica che tra gli operatori cresce (o cala) la preoccupazione rispetto al futuro delle Borse. Ebbene: il Vix sull’S&P 500 è rimasto piuttosto invariato, su livelli bassi. Vale a dire: la variabile politica in oggetto non era così rilevante. Certo! Il Volatility index sull’Euro Stoxx 50, dopo il risultato delle votazioni, è diminuito. E, però, il fatto che anche in Europa la volatilità fosse su livelli contenuti mostra che la tornata elettorale non era un reale market mover. Al che il signor Rossi domanda: quali le variabili cui il mercato guarda veramente?
Il voto a Parigi
Una di queste, nel breve periodo, è l’elezione del nuovo presidente francese. Qui, infatti, le probabilità che il Front National possa (purtroppo) portare il suo candidato all’Eliseo sono concrete. Marine Le Pen, attraverso incontri tra suoi consiglieri economici e diverse banche internazionali, ha già fatto intendere di non formulare ipotesi al vento. Nel caso diventasse Presidente l’uscita della Francia dall’euro (seppure dopo il «dovuto» referendum), è un progetto preciso. A fronte di un simile contesto è ovvio che, da un lato, qualsiasi «whatever it takes» per salvare la moneta unica avrebbe scarsa efficacia; e, dall’altro, i mercati andrebbero in testa-coda. Di qui il valore di market mover della doppia tornata di votazioni.
Ma non è solamente la Francia. Nel 2017 altro appuntamento è quello per le elezioni in Germania. Cui seguiranno nel 2018, salvo anticipi sempre possibili, le politiche in Italia.
Il fiume carsico italiano
Già, l’Italia. Tra gli operatori non si parla attualmente troppo del Belpaese. E, tuttavia, noi rimaniamo un market mover. Un po’ come un fiume carsico il tema dell’Italia sparisce per, poi, riapparire nei radar degli investitori. I motivi? Tra gli altri ce n’è uno: allo stato dell’arte, soprattutto con le elezioni anticipate, il rischio è di trovarsi in uno «scenario spagnolo». Cioè: nessun partito avrebbe la maggioranza per formare il Governo. Certo! Potrebbe crearsi una coalizione. E, però, in un Paese con la nostra «asfittica» congiuntura e il debito oltre il 130% del Pil la situazione sarebbe comunque difficile. Tanto che il mercato, analogamente alla Borsa di Parigi, chiede a Piazza Affari un dividendo politico. Un premio al maggior rischio fotografato da un duplice dato: il Cac 40 (+3,11%) e il Ftse Mib (+4,55%) sono i listini Ue con la performance più debole da inizio anno.
Inflazione e Bce
Fin qui la variabile politica. Gli investitori, tuttavia, guardano ad un altro market mover: l’indice dei prezzi al consumo in Europa. Non tanto, o non solo, quale indizio per comprendere le dinamiche economiche dell’Ue. Bensì, soprattutto, per capire lo spazio di manovra rimasto a Mario Draghi rispetto al Qe. Come è noto la Banca centrale ha l’obiettivo di mantenere l’inflazione vicino, ma inferiore, al 2%. Ebbene: i dati di ieri hanno mostrato che l’indicatore, nel febbraio scorso, era in linea (anzi un po’ sopra) al target. La situazione, ovviamente, offre serie argomentazioni a chi (leggi Bundesbank) vuole avviare il raglio del Qe. Un’eventualità, anche per le variabili politiche descritte sopra, non immediata. Ma che, da una parte, è sempre più concreta; e, dall’altra, pone importanti quesiti sul futuro delle quotazioni dei titoli di Stato e dei livelli di prezzo delle azioni.
Le strategie dei robot trader
Quelle quotazioni che, a fronte del «dominio» degli algoritmi, sono diventate, almeno nel breve periodo, esse stesse nuovi market mover. Cioè: nel momento in cui la percentuale di scambi gestita da robot trader (70% dei volumi globali) è così elevata le strategie quantitative (basate su livelli di prezzi e correlazioni) cui fanno riferimento diventano il riferimento del mercato. Sono i «nuovi» fondamentali senza, però, esserlo realmente. Questo implica che i market mover più tradizionali sono spariti? La risposta è negativa. Così, ad esempio, i salari sono monitorati con attenzione per comprendere il potere d’acquisto delle famiglie. E gli stessi utili aziendali, in particolare adesso che Donald Trump ha promesso il taglio delle tasse sugli «earnings», sono un market mover negli Usa. Quegli Usa, patria degli algoritmi, dove però questi indicatori rischiano di finire sullo sfondo.