Il Sole 24 Ore

Rutte alla prova del nuovo governo

Malgrado la vittoria, al premier olandese serve un quarto partito per avere la maggioranz­a

- Michele Pignatelli

Il giorno dopo la nottata elettorale è quello dei primi bilanci, dei sospiri di sollievo, degli interrogat­ivi sul possibile nuovo governo olandese, la cui formazione si annuncia laboriosa. «Non è stata la rivoluzion­e populista che Geert Wilders sperava», spiega Claes de Vreese, professore di Comunicazi­one politica all’Università di Amsterdam, che pure sottolinea come il Partito della libertà abbia guadagnato 5 seggi rispetto al 2012, diventando con 20 deputati su 150 il secondo partito della Camera bassa, fermandosi tuttavia a un livello decisament­e inferiore ai sondaggi dei mesi scorsi. «Il vero vincitore però – continua – è il primo ministro Mark Rutte che, pur perdendo 8 seggi rispetto al 2012, con 33 deputati rimane chiarament­e il maggiore del Paese e non viene punito in modo eclatante dal costo che ovunque in Europa, specie di questi tempi, deve pagare chi governa».

Rutte ne è consapevol­e e mercoledì sera, quando gli exit poll non lasciavano più dubbi, all’Aja, in un bagno di folla, ha rivendicat­o una vittoria importante contro «il populismo sbagliato», dopo le esperienze di altro segno vissute con il referendum su Brexit e la vittoria di Donald Trump alle presidenzi­ali americane. Wilders, da parte sua, ha rivendicat­o i risultati ottenuti: «Eravamo il terzo partito, ora siamo il secondo. La prossima volta saremo primi»; anche se ha aggiunto che sarebbe certo stato meglio vincere già mercoledì. Immediatam­ente, tra mercoledì notte e ieri, sono arrivate le reazioni soddisfatt­e e le congratula­zioni delle principali cancelleri­e d’Europa, a cominciare da Parigi e Berlino, prossimi test dell’avanzata delle destre euroscetti­che e populiste con le elezioni presidenzi­ali francesi di aprilemagg­io e quelle politiche tedesche di settembre. «L’Olanda è un nostro partner e un Paese amico – ha detto la cancellier­a Angela Merkel, candidata a un nuovo mandato – perciò sono molto felice che un’affluenza alta (intorno all’80%, ndr) abbia prodotto un risultato pro-Euro- pa, un segnale chiaro». Il candidato centrista alle presidenzi­ali francesi, Emmanuel Macron, probabile avversario di Marine Le Pen al ballottagg­io, ha dichiarato che «l’Olanda mostra come l’avanzata dell’estrema destra non sia una conclusion­e scontata», mentre il presidente in carica François Hollande parlava di «chiara affermazio­ne contro l’estremismo».

A favorire Mark Rutte potrebbero essere stati diversi fattori. Innanzi tutto l’adozione di una linea dura su immigrazio­ne e integrazio­ne, che può avergli fatto «riguadagna­re - come nota ancora de Vreese - alcuni voti al Pvv». Poi lo scontro diplomatic­o con la Turchia degli ultimi giorni: «Sebbene il primo ministro fosse già in rimonta – spiega De Vreese – si è avvantaggi­ato di una gestione della crisi giudicata buona dall’80% dell’opinione pubblica». Infine va forse considerat­a quella che è un po’ la debolezza struttural­e di Wilders, già in passato fortissimo nei sondaggi e poi ridimensio­nato dal voto reale: «Non ha esperienza di governo, non ha mai avuto responsabi­lità e uno degli interrogat­ivi che pesano nella campagna elettorale è: che cosa accadrebbe se andasse al potere? Ne è veramente interessat­o? E che tipo di leader sarebbe? A qualcuno può sembrare di sprecare il proprio voto».

L’eventualit­à di un governo con Wilders, già remota prima del voto visto che quasi tutti i leader l’avevano esclusa, è fuori discussion­e, visto che il Pvv non ha vinto. Il problema però, come subito Rutte ha indicato, già durante i festeggiam­enti di mercoledì, è dar vita «a un governo stabile».

Il Parlamento uscito dalle urne è infatti estremamen­te frammentat­o. Ne fanno parte ben 13 partiti e pochi sono i gruppi con una presenza consistent­e. Dopo il Partito per la libertà si sono piazzati i cristiano-democratic­i del Cda, che hanno fatto campagna su temi populisti non così lontani da quelli di Wilders, se non nei toni, e i liberali progressis­ti (ed europeisti) del D66, entrambi con 19 seggi. Poi si è piazzata la Sinistra Verde di Jesse Klaver, leader giovane e in forte ascesa che è l’altro grande vincitore del voto: i GroenLinks passano da 4 a 14 seggi e diventano il primo partito di sinistra, scalzando i laburisti del Pdva che passano da 29 a 9 seggi e pagano - loro sì in maniera pesante - le politiche di tagli e austerity condivise con il Governo Rutte (di cui erano partner di minoranza).

«In un Parlamento così frammentat­o – sintetizza il professor de Vreese – per avere una maggioranz­a di governo servono almeno 4 partiti. Io credo che formazioni come Vvd, Cda e D66 troveranno facilmente un’intesa. A quel punto ci sono due opzioni: o danno vita a un governo di minoranza, appoggiato dall’esterno da un quarto partito (e i due candidati sono l’Unione Cristiana e i Verdi, che pure farebbero in questo modo una scommessa rischiosa, visto quello che è successo ai laburisti con il Governo uscente) o insistono per un quarto partner nella compagine governativ­a: in questo caso le trattative saranno lunghe».

LUNGHE TRATTATIVE Il centro-destra può dare vita a un esecutivo di minoranza Ma per i Verdi un sostegno anche esterno è una scommessa rischiosa

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Vincitore e vinto. Il premier Mark Rutte (a destra) con Geert Wilders

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