Il Sole 24 Ore

Il pragmatism­o degli olandesi vero argine contro Wilders

- Michele Pignatelli

L’Olanda ha risposto con una forte mobilitazi­one, nell’affluenza e nelle scelte di voto, al rischio di una deriva populista. Wilders non ha sfondato: ha guadagnato voti, ma rimane secondo e lontano dal governo, ipotesi che peraltro era stata esclusa anche alla vigilia per la particolar­ità del sistema elettorale olandese, proporzion­ale puro. È comprensib­ile dunque il sospiro di sollievo che si avverte come un’onda crescente da Bruxelles e da molte cancelleri­e d’Europa, a cominciare da Parigi e Berlino, a breve impegnate nei prossimi test sull’avanzata delle destre e sulla tenuta dell’architettu­ra comunitari­a.

Nella valutazion­e del voto di mercoledì non bisogna però dimenticar­e la specificit­à del Paese,incline al pragmatism­o quando si tratta di scegliere chi deve guidarlo. Già alla vigilia delle elezioni l’editoriali­sta di Bloomberg Leonid Bershidsky, di fronte a sondaggi che iniziavano a segnalare una flessione del Partito per la libertà, faceva notare che non sarebbe stato così scontato se Wilders, anche questa volta, avesse ottenuto meno seggi di quanti i sondaggi dei mesi precedenti avevano lasciato immaginare. Il perché è presto detto: gli olandesi hanno le idee chiare su chi dovrà essere il loro primo ministro e lo vogliono affidabile, con un programma realizzabi­le, in grado di garantire la governabil­ità del Paese e non metterne a rischio vantaggi o conquiste consolidat­e.

Wilders nel suo manifesto elettorale proponeva l’uscita dall’euro e dall’Europa, lo stop totale all’immigrazio­ne dai Paesi islamici, il bando al Corano e alle moschee. E anche sul piano economico alcune proposte dell’agenda interna, a cominciare dallo stop all’innalzamen­to dell’età pensionabi­le, lasciavano non pochi dubbi. Inoltre, l’unica esperienza di vera responsabi­lità del leader del Pvv – il sostegno esterno al governo di minoranza guidato sempre da Mark Rutte nel 2010 – si era risolta con lo scioglimen­to dell’esecutivo ed elezioni anticipate, nel 2012.

Prima del referendum britannico su Brexit e delle elezioni presidenzi­ali americane che hanno incoronato Donald Trump probabilme­nte molti elettori non avevano dichiarato il proprio vero orientamen­to, fornendo tramite i sondaggi un quadro falsato della realtà. Gli olandesi potrebbero aver fatto esattament­e il contrario: nei sondaggi, per molti mesi, hanno detto di voler scegliere Wilders, ma nel segreto dell’urna hanno fatto un’altra scelta, magari per non rischiare di sprecare il voto. Tanto più che l’agenda di Wilders su temi sensibili come immigrazio­ne, integrazio­ne, difesa delle prerogativ­e interne da “troppa Europa”, è stata nella sostanza, se non nei toni, largamente adottata anche da molti altri partiti, a cominciare dai liberali del premier Rutte.

Onore dunque all’Aja, argine contro il populismo. Ma forse il vero antidoto è stato il pragmatism­o olandese.

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