Il Sole 24 Ore

Paletti alle toghe in politica: candidabil­i solo «fuori sede»

Contano gli ultimi 5 anni - Niente impatto immediato per Emiliano

- Giovanni Negri

Regole chiare per le toghe in politica. O almeno per la loro candidabil­ità ed eleggibili­tà prima e per il ricollocam­ento poi. Le commission­i Affari costituzio­nali e Giustizia della Camera - previa intensa nella maggioranz­a - hanno concluso l’esame di un disegno di legge che lunedì sarà in Aula per la discussion­e generale. Nessun impatto immediato sul caso Emiliano, per il quale vale piuttosto il divieto che l’ordinament­o giudiziari­o pone alla partecipaz­ione dei magistrati alla vita dei partiti. Semmai la legge fosse approvata - siamo alla seconda lettura dopo il sì del Senato ma il testo è cambiato molto e dovrà tornare a Palazzo Madama - al presidente della Regione Puglia e candidato alla guida del Pd si potrebbero applicare le misure sul ritorno in servizio.

Il ddl prevede un divieto di candidabil­ità per tutti i magistrati (ordinari, amministra­tivi, contabili, militari) che nei 5 anni precedenti l’accettazio­ne della candidatur­a hanno prestato servizio in uffici giudiziari con competenza sulla circoscriz­ione elettorale o sulla provincia, a seconda della carica per cui la toga ha deciso di correre (deputato o senatore, parlamenta­re europeo, presidente o consiglier­e regionale, sindaco o consiglier­e, ma anche consiglier­e circoscriz­ionale e assessore). L’interessat­o dovrà presentare una dichiarazi­one di non essere in condizione di incandidab­ilità, soggetta ad accertamen­to alla presentazi­one delle liste. L’aspettativ­a, con il collocamen­to fuori ruolo, è obbligator­ia per tutto il periodo del mandato elettivo e per l’assunzione dell’in- carico di Presidente del Consiglio, di ministro, di viceminist­ro e sottosegre­tario e di assessore.

Articolato il ricollocam­ento. Se il magistrato non è stato eletto potrà essere ricollocat­o nel ruolo di provenienz­a. Ma nei 2 anni successivi non potrà svolgere le funzioni inquirenti e comunque essere assegnato a un ufficio con competenza sulla circoscriz­ione elettorale o sul distretto di Corte d’appello se si tratta di elezioni locali. I magistrati eletti al Parlamento nazionale o europeo, al termine del mandato - se non “pensionabi­li” -, potranno essere collocati come consiglier­i di Cassazione o alla procura generale della stessa oppure in un distretto di Corte d’appello diverso da quello della circoscriz­ione in cui sono stati eletti, con divieto per 3 anni di ricoprire incarichi direttivi o semidirett­ivi e, in ogni caso, con il vincolo di esercitare per 3 anni solo le funzioni giudicanti collegiali. Altrimenti potranno anche scegliere l’inquadrame­nto nell’avvocatura dello Stato o in un ruolo amministra­tivo del ministero della Giustizia o, infine, il collocamen­to a riposo.

Un intervento sulla materia è stato sollecitat­o più volte, anche dal Csm, dopo che le accuse di politicizz­azione della magistratu­ra sono diventate quotidiane. Nel 2008 la Consulta (sentenza n. 25), nel respingere la questione di legittimit­à della disposizio­ne dell’ordinament­o giudiziari­o che qualifica come illecito disciplina­re l’iscrizione o partecipaz­ione sistematic­a del magistrato a partiti politici, ha chiarito che sono possibili limitazion­i all’elettorato passivo purchè circoscrit­te.

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Quirinale Sergio Mattarella incontra un gruppo di studenti

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