Paletti alle toghe in politica: candidabili solo «fuori sede»
Contano gli ultimi 5 anni - Niente impatto immediato per Emiliano
Regole chiare per le toghe in politica. O almeno per la loro candidabilità ed eleggibilità prima e per il ricollocamento poi. Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera - previa intensa nella maggioranza - hanno concluso l’esame di un disegno di legge che lunedì sarà in Aula per la discussione generale. Nessun impatto immediato sul caso Emiliano, per il quale vale piuttosto il divieto che l’ordinamento giudiziario pone alla partecipazione dei magistrati alla vita dei partiti. Semmai la legge fosse approvata - siamo alla seconda lettura dopo il sì del Senato ma il testo è cambiato molto e dovrà tornare a Palazzo Madama - al presidente della Regione Puglia e candidato alla guida del Pd si potrebbero applicare le misure sul ritorno in servizio.
Il ddl prevede un divieto di candidabilità per tutti i magistrati (ordinari, amministrativi, contabili, militari) che nei 5 anni precedenti l’accettazione della candidatura hanno prestato servizio in uffici giudiziari con competenza sulla circoscrizione elettorale o sulla provincia, a seconda della carica per cui la toga ha deciso di correre (deputato o senatore, parlamentare europeo, presidente o consigliere regionale, sindaco o consigliere, ma anche consigliere circoscrizionale e assessore). L’interessato dovrà presentare una dichiarazione di non essere in condizione di incandidabilità, soggetta ad accertamento alla presentazione delle liste. L’aspettativa, con il collocamento fuori ruolo, è obbligatoria per tutto il periodo del mandato elettivo e per l’assunzione dell’in- carico di Presidente del Consiglio, di ministro, di viceministro e sottosegretario e di assessore.
Articolato il ricollocamento. Se il magistrato non è stato eletto potrà essere ricollocato nel ruolo di provenienza. Ma nei 2 anni successivi non potrà svolgere le funzioni inquirenti e comunque essere assegnato a un ufficio con competenza sulla circoscrizione elettorale o sul distretto di Corte d’appello se si tratta di elezioni locali. I magistrati eletti al Parlamento nazionale o europeo, al termine del mandato - se non “pensionabili” -, potranno essere collocati come consiglieri di Cassazione o alla procura generale della stessa oppure in un distretto di Corte d’appello diverso da quello della circoscrizione in cui sono stati eletti, con divieto per 3 anni di ricoprire incarichi direttivi o semidirettivi e, in ogni caso, con il vincolo di esercitare per 3 anni solo le funzioni giudicanti collegiali. Altrimenti potranno anche scegliere l’inquadramento nell’avvocatura dello Stato o in un ruolo amministrativo del ministero della Giustizia o, infine, il collocamento a riposo.
Un intervento sulla materia è stato sollecitato più volte, anche dal Csm, dopo che le accuse di politicizzazione della magistratura sono diventate quotidiane. Nel 2008 la Consulta (sentenza n. 25), nel respingere la questione di legittimità della disposizione dell’ordinamento giudiziario che qualifica come illecito disciplinare l’iscrizione o partecipazione sistematica del magistrato a partiti politici, ha chiarito che sono possibili limitazioni all’elettorato passivo purchè circoscritte.