Il dietrofront del Pd sui voucher e la «spia rossa» che si accende sul Governo
Alla fine sui voucher è maturato un interesse convergente. Per Renzi non rischiare - un’altra volta - di essere sconfitto su un referendum e non farsi scavalcare a sinistra; per il Governo evitare un test popolare da cui difficilmente sarebbe uscito in piedi. Da questa “coincidenza” è nata la decisione adottata dalla commissione della Camera di abolire del tutto il lavoro occasionale per non lasciare spiragli alla possibilità di svolgimento del referendum il 28 maggio. Insomma, si è voluto togliere dal tavolo un pericolo per l’ex premier e per la sopravvivenza dell’Esecutivo. Ma quanto durerà? Il significato politico che c’è dietro questa scelta, infatti, è tutt’altro che rassicu- rante e non solo per il cambio di marcia repentino sui temi dell’occupazione. A questo punto non si capisce più cosa sia il Pd, soprattutto quello renziano: se sia quello che ha varato il Jobs act e annunciato un monitoraggio sui voucher prima di decidere o quello della subalternità alla Cgil ora che li abolisce. Per il Governo vale la stessa domanda: è quello che conferma le riforme oppure – come dicevano ieri i Radicali italiani – quello che si è fatto battere dalla demagogia?
E dunque su questa vicenda si accende una spia rossa che anticipa un po’ il racconto di quello che sarà il cammino da oggi in avanti, dalla stesura del Def, alla manovrina fino alla legge di bilancio. La spia è “rossa” non solo per la rincorsa a sinistra che si inaugura con questa decisione ma perché segnala un allarme visto che il Governo appare troppo ostaggio di vicende politiche e di pressioni populiste. Tra l’altro nella maggioranza ci sono voci critiche come nel partito di Alfano o nei Civici Innovatori che sono contrari a questa marcia indietro. Questa, per l’Esecutivo, poteva essere un’occasione per resistere ma si è rinunciato. È il “ricatto” del referendum, dicono a Palazzo Chigi, rassicurando che su altre riforme non ci saranno stop. Il dubbio però rimane. E si rafforza se si tiene conto delle incertezze che già hanno segnato la stesura della manovra correttiva piuttosto che del Def. Si ricor- da bene l’altolà di Renzi a Padoan prima sull’aumento delle accise per la manovrina, poi sull’Iva, poi la frenata di alcuni del Pd sulla privatizzazione di Ferrovie e di Poste. E allora, davvero Paolo Gentiloni potrà rispettare quella promessa di non tirare a campare fatta qualche giorno fa alla Camera?
La domanda tanto più vale se si guarda alla legge di stabilità di ottobre. Perché se è vero che il Def non avrà un passaggio referendario come rischiavano di avere i voucher, la manovra d’autunno guarderà dritto alle elezioni 2018, cioè all’ora X. E dunque se gli scissionisti di Mdp di Speranza hanno voluto segnare la loro presenza sui temi del lavoro, tanto più lo faranno sul fisco o sui tagli di spesa quando si tratterà di scrivere le misure economiche per l’anno prossimo con l’obiettivo di superare la soglia di sbarramento della legge elettorale. E la spinta che verrà dall’esterno del Pd e del Governo sarà perfino più forte. Dai 5 Stelle o dal centrodestra che cercherà il riscatto. Smontare un “casus belli” ideologico sui voucher era l’urgenza di oggi, ma è il segnale che pure il “tirare a campare” non sarà facile.