«Più che silenzioso sono un arbitro discreto»
Rispondere alle domande di una scolaresca gli ha consentito di correggere alcune descrizioni di sè e del suo operato che non ha trovato mai calzanti. Quella per esempio di essere raccontato come un arbitro che sta in silenzio o che si tiene alla larga da questioni che pure coinvolgono il suo ruolo, un vigile muto che segue la scena politico-istituzionale e i suoi protagonisti solo con lo sguardo senza proferire parola. Ecco, a Sergio Mattarella questi ritratti sono sempre apparsi un po’ macchiettistici e non rispondenti al vero. Più che un arbitro silenzioso, ha detto, sono un arbitro «discreto» che cerca di «prevenire» situazioni complicate attraverso «un’azione di persuasione morale». Con i ragazzi si è lasciato andare pure a qualche battuta. «Convincere qualcuno tacendo è, sinceramente, molto difficile. In realtà, non si tratta di non parlare ma di farlo con discrezione». Al Quirinale spiegano che il riferimento è a qualche formu- la giornalistica e a chi gli ha cucito addosso il vestito di un guardiano muto: un ritratto che non gli piace. Soprattutto perché sono i riflettori da cui si tiene lontano ma non i giudizi dati apertamente ai suoi interlocutori anche se non davanti a microfoni o telecamere. E allora con gli studenti diventa esplicito: «Se qualcuno di voi vede un suo compagno che ha segnato sul diario un compito sbagliato, glielo dice direttamente, non va a scriverlo alla lavagna». La domanda è se questa discrezione verrà interrotta sulla legge elettorale, nel caso di perdurante stallo delle Camere. Ma l’altra osservazione condivisa ieri con i ragazzi è per i populisti. Nel ricordare Aldo Moro ha condannato «l’aggressività e la ricerca degli slogan per danneggiare l’avversario con l’obiettivo di conquistare qualche voto: questo produce una depressione della democrazia».