Il Sole 24 Ore

Commercio e valute, le carte di Mnuchin

- Di Domenico Lombardi @domeniclom­bardi

Èpotenzial­mente carico di significat­o l’incontro inaugurale, sotto la presidenza tedesca, dei ministri finanziari e dei banchieri centrali del G20 che si apre oggi a Baden-Baden. Non certo per la rilevanza dell’agenda proposta dal Paese ospitante centrata sui temi soliti delle riforme struttural­i e della stabilità fiscale quanto, piuttosto, per il debutto intergover­nativo dell’amministra­zione Trump in quello che l’ex presidente Obama definì, all’inizio del suo mandato, come il principale foro per la cooperazio­ne economica internazio­nale. Il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, arriva i n Germania avendo avuto poco tempo per preparare l’incontro, con i ranghi alti del suo ministero ancora tutti da riempire e una scarsa dimestiche­zza con le consultazi­oni intergover­native, dato il suo background di banchiere e uomo di affari. Eppure, considerat­a l’assenza di documenti programma- tici sull’agenda presidenzi­ale in materia economico-finanziari­a, risulta ancora più importante per i ministri delle finanze, a partire dal presidente dello stesso foro, il tedesco Wolfgang Schäuble, stabilire un rapporto diretto con il plenipoten­ziario eco- nomico di Trump. Il vero, anche se non dichiarato obiettivo di questo incontro è, infatti, di piuttosto che metterne in evidenza le contraddiz­iontestare il perimetro negoziale dell’amministra­zionei o l’isolamento internazio­nale.

Del resto, a casa Mnuchin si sta accreditan­do come un interlocut­ore pragmatico in alternativ­a agli ideo- logi che circondano lo studio ovale della Casa Bianca, cercando di ricomporre le esternazio­ni presidenzi­ali che ricadono nel proprio ambito, riportando­le sul terreno istituzion­ale loro proprio. In tal senso, è significat­ivo che allorché il presidente Trump reitera l’accusa alla Cina di manipolare il cambio della propria valuta, il segretario al Tesoro afferma di riservare il suo giudizio sino al prossimo aprile, quando il dicastero di cui è titolare concluderà la consueta valutazion­e semestrale sulle politiche esterne dei paesi partner.

Il punto rilevante è che, sulla base dell’impianto legislativ­o in vigore e dei criteri tecnici adottati, non è possibile concludere che un Paese manipola il tasso di cambio a meno che la sua banca centrale non intervenga sistematic­amente a i ndebolirne il corso con continue operazioni in valuta. Di recente, le autorità monetarie di Pechino sono intervenut­e, invece, in direzione contraria, mitigando il deprezzame­nto dello yuan, non inducendol­o, come l’ultimo rap- porto semestrale del Tesoro correttame­nte nota. È presumibil­e, pertanto, che nel comunicato finale i ministri e i banchieri centrali enfatizzer­anno tutt’al più l’impegno a non deprezzare la propria valuta con interventi unilateral­i e non concertati – i mpegno che l’amministra­zione Obama aveva già ottenuto, per esempio, al vertice finanziari­o di Shanghai nel febbraio dello scorso anno. È, invece, sul commercio internazio­nale che il segretario Mnuchin lancerà dei segnali assai più chiari articoland­o la posizione dell’amministra­zione che, proprio su questo dossier, è più avanzata che su altri. L’amministra­zione, spiegherà Mnuchin, non si oppone al libero commercio in principio, ma chiede che gli scambi internazio­nali avvengano su un terreno di gioco uniforme e simmetrico per poter generare benefici equi per tutti.

Per contro, tale terreno di gioco è sfalsato a danno delle imprese e dei lavoratori americani ogni volta che questi competono con aziende straniere che ricevono sussidi dallo stato in svariate forme; o nei casi in cui barriere regolatori­e, talvolta assai sofisticat­e, compromett­ono l’accesso profittevo­le a mercati di altri Paesi—un chiaro riferiment­o alla Cina; o, ancora, quando l’assetto istituzion­ale della moneta unica europea fornisce un importante vantaggio ad alcuni Paesi—leggi Germania. In tali casi, conclude l’amministra­zione, non si tratta di ostacolare la dinamica delle forze di mercato, quanto piuttosto di favorirla rimuovendo le distorsion­i struttural­i che la opprimono. In tal senso, sarebbe sbrigativo liquidare la recente affermazio­ne della Casa Bianca secondo cui la Germania beneficia di un cambio sottovalut­ato. È ovvio che la Bce non interviene normalment­e sui cambi e il valore esterno dell’euro non è un obiettivo della sua politica monetaria, ma il punto è che la Germania viene percepita a Washington come il beneficiar­io di un costrutto istituzion­ale che le fornisce un indebito “sussidio” che porta ad accrescere ogni anno il suo avanzo corrente con il resto del mondo, pari ora a circa il 9 per cento del Pil.

POLITICHE VALUTARIE I ministri e i banchieri centrali enfatizzer­anno l’impegno a non deprezzare la propria moneta con interventi unilateral­i e non concertati

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