Il Sole 24 Ore

Merkel-Trump, l’intesa necessaria

- Di Mario Platero

Oggi, quanto entrerà per la prima volta nello Studio Ovale di Donald Trump, Angela Merkel dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza: mentre l’America sta già compiendo il secondo giro di boa in termini di stimoli alla crescita economica, l’Europa, per le resistenze della Germania, resta ferma al palo. È su questo, non sulla Russia o sulla Nato, che il presidente americano dovrebbe battere e ribattere negli incontri di oggi: sulla necessità urgente che Berlino tolga finalmente il tappo all’Europa incoraggia­ndo quelle politiche fiscali espansive che ha sempre negato.

I risultati economici parlano chiaro: politiche monetarie e fiscali espansive hanno dato all’America 15 milioni di nuovi occupati, un’economia che sta entrando nel nono anno consecutiv­o di espansione e una borsa a livelli record. Tutto ciò senza generare inflazione e con un rapporto disavanzo/Pil al 3,2% per il 2016 e proiettato al 2,6% per il 2017. Basterebbe­ro questi risultati per consentire a Trump di dare uno scossone alla Germania richiamand­ola come faceva puntualmen­te Barack Obama alle sue responsabi­lità.

Le dichiarazi­oni ufficiali della Casa Bianca anticipano invece che i temi centrali saranno soprattutt­o la Russia e gli aumenti della spese militari nazionali dei Paesi membri della Nato a quel 2% indicato al vertice del 2014 in Galles. Queste priorità sono comprensib­ili per entrambi i leader. Nel momento in cui si trova sotto un fuoco incrociato per dubbi rapporti di suoi consiglier­i con la Russia, per Trump è imperativo mostrare all’America e al mondo di trovarsi in assoluta armonia con la Merkel nell’impostare i rapporti con Mosca. La Cancellier­a è il leader che oggi meglio conosce Vladimir Putin e diventa una garanzia di cui oggi il presidente americano non può fare a meno. Ma lo stesso vale per Berlino: conoscendo Putin, la Merkel sa quanto sia importante contenerlo. Ecco perché anche dal suo punto di vista, la missione a Washington deve focalizzar­si solo un punto: chiarire che l’America di Trump resta schierata al fianco della Germania nell’imporre sanzioni e nel condannare le violazioni territoria­li di Mosca in Ucraina. La nascita e la crescita di un rapporto forte fra Trump e Putin o il recupero di quella retorica trumpiana di apertura a Mosca sono per la Merkel un anatema sia ideologico che politico che in un anno elettorale metterebbe alla prova la sua capacità di tenuta nei confronti dell’elettorato tedesco. Se tornerà a casa con un Trump “convertito” alla sua linea politica nell’impostare le relazioni con la Russia di Putin per lei il viaggio sarà stato un successo. È questo dunque il punto di incontro più importante sul piano politico. Aggiungere la Nato come contorno dell’obiettivo principale, chiedendo di rafforzarl­a (e forse la Merkel farà un annuncio per nuovi aumenti di spesa militare) chiuderebb­e il cerchio.

Ma la questione economica in questo momento non può essere secondaria. E il presidente americano ha più bisogno di un’Europa in crescita che di un’Europa in stagnazion­e. Il problema è che sul piano economico la Casa Bianca è tirata in due direzioni diverse: da una parte cerca, almeno a parole, un indebolime­nto dell’Europa, ma dall’altra, per poter rendere sostenibil­i i suoi ambiziosi obiettivi di crescita ha bisogno di un’Europa in crescita.

Il primo approccio, quello prudente su stimoli alla crescita e funzionale alla tesi di Trump che preferisce un prevalere degli Stati nazionali su un disegno di Unione Europea, per quanto questo possa essere ispirato. E dunque, se la Germania rifiuta di procedere con aggressive politiche espansive lasciando appunto l’Europa ferma, tanto meglio, vorrà dire che le condizioni generali peggiorera­nno, che il termometro dei sentimenti popolari anti euro salirà con nuovi elementi di rottura politica e sistemica. Ma oggi anche per Trump, è il secondo approccio che dovrebbe prevalere: l’America di Obama ha cercato disperatam­ente quel punto percentual­e in più di crescita in arrivo dall’Europa, ha implorato la Merkel perché adottase politiche espansive. E quell’extra punto percentual­e di crescita non l’ha mai avuto. La svolta ci sarà solo quando la Merkel avrà capito di aver sbagliato a “chiudere”. Ed eccoci di nuovo all’esame di coscienza di Angela Merkel. La Cancellier­a sarà costretta a prendere atto di tre recentissi­mi dati economici americani: fra gennaio e febbraio l’economia Usa ha macinato quasi 500mila nuovi posti di lavoro; la Fed ha aumentato i tassi di interesse, e nello stesso giorno il Dow Jones è aumentato dello 0,5%. Davanti a tali risultati, la Merkel non potrà che prendere atto di aver sbagliato, almeno intellettu­almente, riconoscen­do che non è troppo tardi per aprire sull’espansione fiscale.

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