Merkel-Trump, l’intesa necessaria
Oggi, quanto entrerà per la prima volta nello Studio Ovale di Donald Trump, Angela Merkel dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza: mentre l’America sta già compiendo il secondo giro di boa in termini di stimoli alla crescita economica, l’Europa, per le resistenze della Germania, resta ferma al palo. È su questo, non sulla Russia o sulla Nato, che il presidente americano dovrebbe battere e ribattere negli incontri di oggi: sulla necessità urgente che Berlino tolga finalmente il tappo all’Europa incoraggiando quelle politiche fiscali espansive che ha sempre negato.
I risultati economici parlano chiaro: politiche monetarie e fiscali espansive hanno dato all’America 15 milioni di nuovi occupati, un’economia che sta entrando nel nono anno consecutivo di espansione e una borsa a livelli record. Tutto ciò senza generare inflazione e con un rapporto disavanzo/Pil al 3,2% per il 2016 e proiettato al 2,6% per il 2017. Basterebbero questi risultati per consentire a Trump di dare uno scossone alla Germania richiamandola come faceva puntualmente Barack Obama alle sue responsabilità.
Le dichiarazioni ufficiali della Casa Bianca anticipano invece che i temi centrali saranno soprattutto la Russia e gli aumenti della spese militari nazionali dei Paesi membri della Nato a quel 2% indicato al vertice del 2014 in Galles. Queste priorità sono comprensibili per entrambi i leader. Nel momento in cui si trova sotto un fuoco incrociato per dubbi rapporti di suoi consiglieri con la Russia, per Trump è imperativo mostrare all’America e al mondo di trovarsi in assoluta armonia con la Merkel nell’impostare i rapporti con Mosca. La Cancelliera è il leader che oggi meglio conosce Vladimir Putin e diventa una garanzia di cui oggi il presidente americano non può fare a meno. Ma lo stesso vale per Berlino: conoscendo Putin, la Merkel sa quanto sia importante contenerlo. Ecco perché anche dal suo punto di vista, la missione a Washington deve focalizzarsi solo un punto: chiarire che l’America di Trump resta schierata al fianco della Germania nell’imporre sanzioni e nel condannare le violazioni territoriali di Mosca in Ucraina. La nascita e la crescita di un rapporto forte fra Trump e Putin o il recupero di quella retorica trumpiana di apertura a Mosca sono per la Merkel un anatema sia ideologico che politico che in un anno elettorale metterebbe alla prova la sua capacità di tenuta nei confronti dell’elettorato tedesco. Se tornerà a casa con un Trump “convertito” alla sua linea politica nell’impostare le relazioni con la Russia di Putin per lei il viaggio sarà stato un successo. È questo dunque il punto di incontro più importante sul piano politico. Aggiungere la Nato come contorno dell’obiettivo principale, chiedendo di rafforzarla (e forse la Merkel farà un annuncio per nuovi aumenti di spesa militare) chiuderebbe il cerchio.
Ma la questione economica in questo momento non può essere secondaria. E il presidente americano ha più bisogno di un’Europa in crescita che di un’Europa in stagnazione. Il problema è che sul piano economico la Casa Bianca è tirata in due direzioni diverse: da una parte cerca, almeno a parole, un indebolimento dell’Europa, ma dall’altra, per poter rendere sostenibili i suoi ambiziosi obiettivi di crescita ha bisogno di un’Europa in crescita.
Il primo approccio, quello prudente su stimoli alla crescita e funzionale alla tesi di Trump che preferisce un prevalere degli Stati nazionali su un disegno di Unione Europea, per quanto questo possa essere ispirato. E dunque, se la Germania rifiuta di procedere con aggressive politiche espansive lasciando appunto l’Europa ferma, tanto meglio, vorrà dire che le condizioni generali peggioreranno, che il termometro dei sentimenti popolari anti euro salirà con nuovi elementi di rottura politica e sistemica. Ma oggi anche per Trump, è il secondo approccio che dovrebbe prevalere: l’America di Obama ha cercato disperatamente quel punto percentuale in più di crescita in arrivo dall’Europa, ha implorato la Merkel perché adottase politiche espansive. E quell’extra punto percentuale di crescita non l’ha mai avuto. La svolta ci sarà solo quando la Merkel avrà capito di aver sbagliato a “chiudere”. Ed eccoci di nuovo all’esame di coscienza di Angela Merkel. La Cancelliera sarà costretta a prendere atto di tre recentissimi dati economici americani: fra gennaio e febbraio l’economia Usa ha macinato quasi 500mila nuovi posti di lavoro; la Fed ha aumentato i tassi di interesse, e nello stesso giorno il Dow Jones è aumentato dello 0,5%. Davanti a tali risultati, la Merkel non potrà che prendere atto di aver sbagliato, almeno intellettualmente, riconoscendo che non è troppo tardi per aprire sull’espansione fiscale.