Il Sole 24 Ore

La prescrizio­ne «allunga» i tempi

Processo penale. La sentenza di condanna ferma il «count down» per un tempo non super iore a un anno e sei mesi Il testo votato dal Senato dà tre mesi per esercitare la delega sulle intercetta­zioni

- Guido Camera

pIl testo di rifoma del processo penale votato dal Senato modifica in modo significat­ivo il codice penale e quello di procedura penale.

La versione approvata da palazzo Madama prevede: i) un aumento “della metà”, in caso di atto interrutti­vo, del tempo necessario a prescriver­e i reati di corruzione, induzione indebita e truffa aggravata per il conseguime­nto di erogazioni pubbliche, maltrattam­enti e reati sessuali di diversa natura in danno di minori; ii) l’inseriment­o tra le cause interrutti­ve della prescrizio­ne dell’interrogat­orio reso alla polizia giudiziari­a su delega del Pm; iii) un’estensione dei casi di sospension­e della prescrizio­ne oggi previsti dall’articolo 159 comma 1 del codice penale; iv) un “congelamen­to” della prescrizio­ne in caso di sentenza di condanna.

Quest’ultima è la novità più rilevante. La natura dell’intervento è sostanzial­e, dato che è stato collocato nel comma II dell’articolo 159 : il divieto di applicazio­ne retroattiv­a è una conseguenz­a inevitabil­e, ed è stato sancito espressame­nte dal Senato. Il congelamen­to opera «per un tempo non superiore a un anno e sei mesi»: inizia con il deposito della motivazion­e del- la sentenza di primo grado e cessa con la pronuncia del dispositiv­o della sentenza che definisce il grado successivo. Identico il termine tra il deposito della sentenza di condanna in appello e il dispositiv­o della sentenza della Cassazione.

Le cause di sospension­e (articolo 159 comma 1) possono concorrere con il congelamen­to della prescrizio­ne previsto dal comma successivo. Se però la sentenza del grado successivo prosciogli­e l’imputato, oppure annulla la sentenza o ne dichiara la nullità, il periodo di congelamen­to della prescrizio­ne viene decurtato.

Il testo votato dal Senato prevede che il Governo emani, entro 3 mesi, dei decreti legislativ­i nelle seguenti aree: i) tutela della riservatez­za delle conversazi­oni (in particolar­e tra difensore e assistito); ii) semplifica­zione dell’impiego delle intercetta­zioni delle conversazi­oni telefonich­e e telematich­e per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la Pa; iii) disciplina delle intercetta­zioni di comunicazi­oni o conversazi­oni tra presenti con il captatore informatic­o (“trojan”).

La delega impone al Governo una serie di cautele per assicurare la riservatez­za delle conversazi­oni intercetta­te, telematich­e o telefonich­e, soprattutt­o se riguardano persone terze al procedimen­to, contengono dati sensibili, o sono penalmente irrilevant­i. E’ previsto un delitto punito con pena non superiore a 4 anni di carcere per chi diffonde, per danneggiar­e la reputazion­e o l’immagine altrui, riprese audiovisiv­e o registrazi­oni di conversazi­oni svolte in sua presenza ed effettuate fraudolent­emente. Non c’è reato se le registrazi­oni sono utilizzate per esercitare il diritto di difesa o di cronaca.

Un argomento “caldo” è quello del trojan. Lo scorso luglio le sezioni unite della Cassazione (sentenza 26889), ne hanno sancito una legittimit­à piuttosto estesa.

La novella pone alcuni paletti: possibilit­à di usare il trojan nei luoghi di privata dimora solo se si stia svolgendo attività criminosa, controllo rigoroso del giudice sull’ ’ indis pensabilit­à del ricorso a tale mezzo di ricerca della prova, utilizzo ditale mezzo di prova solo se un’associazio­ne criminale ha finalità di terrorismo o criminalit­à organizzat­a, gestione da remoto ad opera della polizia giudiziari­a, verbalizza­zione analitica delle operazioni. Cautele minime per arginare “voraci” acquisizio­ni di dati personali con troppa facilità.

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