Riforma necessaria ma non sufficiente
Segnali contraddittori arrivano sul fronte dei processi pendenti. L’inchiesta del Sole 24 Ore del lunedì mette in luce come al miglioramento complessivo del settore civile non corrisponde per ora un significativo salto di qualità nel penale. Le ragioni sono diverse. La coperta delle risorse è certo corta, come sottolinea il presidente dell’Anm Piercamillo Davigo, e ha riscaldato più il civile in questi anni. Si pensi, per esempio, all’impulso dato al processo civile telematico o alla messa in campo di un circuito alternativo a quello dei tribunali ordinari per provare a risolvere alcune tipologie di controversie, dalla conciliazione alla negoziazione assistita. O, magari con una punta di cinismo, all’aumento dei costi di accesso alla giurisdizione, con l’incremento progressivo negli anni del contributo unificato.
Il penale è invece rimasto al palo. Anche perchè, inutile nasconderlo, gli interventi su questo fronte sono a elevato rischio di polemica politica. Più facile invece aggregare in Parlamento inedite forme di coesione tra forze politiche anche divise sui temi più operativi della giustizia civile. E questo anche se all’appello mancano ancora interventi strutturali come la riforma del processo civile e quella della legge fallimentare.
È di pochi giorni fa l’approvazione di una complessa legge delega che riscrive, peraltro con numerose disposizioni subito in vigore, larghi tratti del diritto penale sostanziale e, soprattutto, procedurale. Gran parte delle novità si devono leggere, sostiene il ministero, in chiave di riduzione dei carichi di lavoro che affliggono procure e tribunali. È il caso della nuova causa di estinzione del reato per chi ripara le conseguenza di un reato perseguibile a querela.
Il punto è che poi queste misure si scontrano con altre. Certo invocate, e con ragione, da anni. Come le modifiche fatte alla disciplina della sospensione dei termini di prescrizione. Che risponde a un’esigenza di ridurre il numero dei reati azzerati dal fattore tempo, ma che, nello stesso tempo, potrebbe produrre un allungamento dei tempi.
Come pure bisogna ricordare la timidezza di alcuni interventi anche recenti. Si veda la depenalizzazione più che la tenuità del fatto.
È allora (forse) venuto il tempo di un confronto su scelte radicali. Che già sono state adombrate in provvedimenti molto contestati, come quello sui migranti, che cancella un grado di giudizio e apre la strada a un processo con partecipazione solo virtuale e camera di consiglio. Modalità che certo permetterebbero un’accelerazione dei tempi, forte tentazione, ma che, se applicate su larga scala, comporterebbero un cambiamento profondo del nostro ordinamento. Siamo pronti?