Rischio «avocazione» per i fascicoli giacenti
Una riforma «indifferibile», secondo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che contiene anche una serie di misure in grado di incidere sulla durata dei procedimenti. Norme, al contrario, «non organiche» e che avranno l’effetto di rallentare i processi, fino a bloccare il lavoro delle procure, secondo l’associazione nazionale dei magistrati (Anm).
Resta alto il livello dello scontro sul disegno di legge che modifica il processo penale e i termini di prescrizione, approvato la scorsa settimana, con la blindatura del voto di fiducia, in seconda lettura dal Senato. Per diventare legge il testo (che era stato presentato alla Camera il 23 dicembre 2014) deve di nuovo passare al vaglio di Montecitorio, dove non sono escluse altre modifiche.
Le norme che dividono magistrati e Governo sono soprattutto quelle che incidono sui tempi e sul lavoro delle procure. Il Ddl impone infatti al pubblico ministero di esercitare l’azione penale o di chiedere l’archiviazione entro tre mesi (prorogabili per altri tre) o entro 15 mesi per i reati più gravi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini preliminari (18 mesi o 2 anni in base al reato). Se il Pm non agisce nei tempi fissati, il procuratore generale presso la corte d’appello disporrà «l’avocazione» delle indagini preliminari. L’obiettivo del Governo è quello di evitare i fascicoli “dormienti”, ma secondo i magistrati le nuove norme avranno l’effetto opposto e va- nificheranno le indagini, soprattutto quelle più complesse. Se il Ddl sarà approvato senza correzioni, i nuovi “paletti” per le procure si applicheranno da subito, alle notizie di reato ricevute dopo l’entrata in vigore della legge.
Il Ddl contiene poi altre norme pensate anche per sgravare la macchina della giustizia penale. È il caso, tra l’altro, della possibilità per l’imputato di ottenere la dichiarazione dell’estinzione del reato se - entro il termine massimo per la dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado - ripara per intero il danno provocato. La chance - che si applicherà anche ai processi in corso quando la legge entrerà in vigore - vale solo per i reati perseguibili a querela soggetta a remissione. Prima di decidere il giudice dovrà sentire le parti e la persona offesa.
Inoltre, il testo approvato dal Senato - con una soluzione di compromesso - delega il Governo a modificare, con decreti legislativi da approvare entro un anno, le regole sulla procedibilità, estendendo l’obbligo di presentare querela per perseguire i reati contro la persona (esclusa la violenza privata) puniti solo con la pena pecuniaria o con la detenzione fino a quattro anni e i reati contro il patrimonio. Resterebbe però ferma la procedibilità d’ufficio se la persona offesa è incapace per età o infermità, se ricorrono alcune aggravanti o, per i reati contro il patrimonio, se il danno è di «rilevante gravità».