Forte crescita per l’export di marmi e graniti
Marmi e graniti hanno superato per la prima volta quota 2 miliardi
pLe attività estrattive seguono sempre più la scia della congiuntura economica: marmi e graniti sono un filone remunerativo, sabbia e ghiaia risentono invece della crisi delle costruzioni. Lo certifica Legambiente con l’ultimo Rapporto cave.
I trend
I numeri raccontano già un primo cambiamento. Le cave attive si sono infatti ridotte (-20,6% rispetto al 2010), come le quantità estratte di inerti (-40,6%). La crisi ha avuto un impatto anche sulla produzione di cemento, nel quale l’Italia ha avuto a lungo un record europeo.
C’è, poi, un secondo ed evidente cambiamento: mentre il prelievo di inerti ha subìto la crisi del settore delle costruzioni (da qui la riduzione del numero di cave, delle imprese e degli occupati), le estrazioni di materiali lapidei hanno vissuto record anno dopo anno. Un successo dovuto in particolar modo alle esportazioni: nel 2015 per la prima volta nella storia hanno superato i 2 miliardi (in crescita soprattutto verso gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi). Le prospettive globali sono decisamente positive per il settore, con il volume dei lapidei di pregio estratti nel mondo che dovrebbe salire a circa 170 milioni di tonnellate nel 2020, con un impiego non lontano dai 2 miliardi di metri quadrati equivalenti.
Sono 2.012 i Comuni con almeno una cava attiva (il 25,1% dei Comuni italiani) e quasi mille quelli che hanno almeno due cave. Sono addirittura oltre 1.680 i Comuni con almeno una cava abbandonata o dismessa e 1.150 con almeno due siti.
La fotografia aggiornata della situazione italiana è impressionante. Le cave attive sono 4.752, mentre sono 13.414 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste, infatti, bisognerebbe sommare le cave abbandonate del Friuli Venezia Giulia, regione in cui non esiste un monitoraggio né altre fonti, e di Lazio e Calabria, dove gli ultimi dati risalgono ormai a qualche anno fa e sono di fatto parziali: il numero complessivo arriverebbe ad almeno 14mila cave dismesse.
La crisi del settore edilizio ha ridotto i volumi delle quantità estratte. Sono 53 i milioni di metri cubi estratti nel 2015 solo per sabbia e ghiaia, materiali fondamentali nelle costruzioni, ma elevati sono anche i quantitativi di calcare (22,1 milioni di metri cubi) e pietre ornamentali (oltre 5,8 milioni di metri cubi).
L’estrazione di sabbia e ghiaia rappresenta il 61% di tutti i materiali cavati in Italia: ai primi posti Lombardia, Puglia e Pie- monte, che da sole raggiungono oltre il 59,3% del totale estratto ogni anno con circa 31,4 milioni di metri cubi.
Chi ci guadagna
Per quanto riguarda gli inerti si paga in media il 2,3% del prezzo di vendita, ma cavare non costa nulla in Valle d’Aosta, Basilicata e Sardegna, mentre Lazio e Puglia sono molto sotto la media.
Le entrate degli enti pubblici dovute all’applicazione dei canoni fanno riflettere: il totale nazionale di tutte le concessioni pagate nelle regioni per sabbia e ghiaia è stato nel 2015 (ultima analisi disponibile) di 27,4 milioni, ai quali bisognerebbe sommare le entrate della Sicilia, che variano in funzione della quantità cavata, oltre a una piccola quota derivata dall’ampiezza dei siti estrattivi, come avviene in Puglia. Il fatturato di vendita stimato da Legambiente per le aziende del settore è di un miliardo, a fronte di un aumento medio dei prezzi dovuto principalmente alla minore quantità di materiale estratto e quindi disponibile sul mercato.
Le prospettive
La sfida è di mantenere in Italia le lavorazioni dei materiali, dove il tasso di occupazione è più alto (il rapporto tra occupati nell’estrazione e nelle lavorazioni può arrivare a 1 a 12). Mentre per gli inerti l’obiettivo è di spingere la filiera del riciclo, che garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione, e che può garantire prospettive di crescita molto più importanti e arrivare a interessare l’intera filiera delle costruzioni (dalle infrastrutture all’edilizia, dalle ceramiche ai materiali da costruzione).
Per fare squadra occorre adeguare il quadro delle regole per garantire tutela, trasparenza e legalità, una moderna filiera in cui siano le stesse imprese edili a cogestire il processo di demolizione selettiva degli inerti provenienti dalle costruzioni, in modo da riciclarli invece che conferirli in discarica, ma Legambiente suggerisce anche un canone minimo nazionale per le concessioni di cava. In Gran Bretagna, per esempio, è il 20% dell pprezzorezz di vendita.