Il piano di rilancio di Aspesi «Tra cinque anni ricavi raddoppiati»
p «Il mio prossimo acquisto? Sarà sicuramente un cappotto in cashmere di Aspesi: ne ho comprato uno blu e me ne sono innamorato a tal punto da ordinarne altre due, in grigio e nero». La dichiarazione d’amore per i capispalla del brand italiano è di Scott Schuman, forse il più famoso e influente blogger e fotografo di questa nostra era di comunicazione digitale della moda. Anche se a guardar bene Schuman, che lanciò il sito The Sartorialist nel 2015, ha poi pubblicato tre libri. Ed è all’edizione cartacea della version inglese del magazine How to Spend It che ha affidato le sue preferenze in fatto di stile.
Ma torniamo ad Aspesi: il marchio di abbigliamento ha un nuovo ceo, Fabio Gnocchi, e un nuovo assetto societario: nel 2016 il fondatore, Alberto Aspesi, classe 1944, imprenditore e stilista, ha venduto il 90% dell’azienda al fondo Armònia, che ha poi scelto Gnocchi, ex direttore commerciale in Brunello Cucinelli, per guidare il rilancio. Una parola che però non piace fino in fondo al ceo: «Alberto Aspesi mantiene il 10% della proprietà e resta in azienda come custode del Dna del marchio e allo stesso tempo come fonte di ispirazione, vista la sua grandissima conoscenza dei tessuti e la passione per la parte creativa. L’entrata del fondo non serve a ristrutturare l’azienda o a rivoluzionare l’immagine del marchio, ma a favorirne lo sviluppo, soprattutto all’estero».
Nel 2015 il fatturato è stato di 42 milioni, per il 70% riconducibile all’Italia, e l’obiettivo di Gnocchi è di raddoppiarlo in tre, massimo cinque anni. «Lavoreremo sulla distribuzione wholesale, che assorbe il 60% delle vendite, e valuteremo l’apertura di altri negozi diretti, oltre a potenziare il canale e-commerce. Il nuovo e-store, pensato per lanciare la collezione autunno-inverno 2017-2018, è frutto di una partnership con The Level Group, iniziata sei anni fa e che ora porteremo a un livello più alto».
Il network retail è composto da tre negozi all’estero (Berlino, Madrid e Monaco di Baviera) e otto in Italia. Il più famoso è quello di Milano, in via Monte Napoleone, progettato dallo studio Citterio e nato dalla fusione degli spaz di una gioielleria e di un negozio di giocattoli. Un format irripetibile (il caveau viene utilizzato come camerino e lo stesso vale per un container dismesso) che spiega però molto della filosofia del brand: «Aspesi è diventato famoso negli anni 80 e 90 per i piumini, ma in realtà è un marchio di lifestyle e le collezioni spaziano dalle camicie ai pantaloni e alle giacche – conclude Gnocchi –. Non ci sono loghi né altri specchietti per le allodole. Il prodotto e il rapporto qualitàprezzo parlano da soli. Il mio compito è dare visibilità a tutto questo. L’understatement va bene, ma fino a un certo punto».