Il Sole 24 Ore

La lunga attesa dei piani regionali per il paesaggio

- Di Antonello Cherchi

Ipiani paesaggist­ici compiono un piccolo passo avanti. Martedì scorso - nel corso della prima giornata nazionale del paesaggio, voluta dal ministero dei Beni culturali con un decreto del 7 ottobre scorso e coordinata dal sottosegre­tario Ilaria Borletti Buitoni - il ministro Dario Franceschi­ni ha siglato con il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparin­o, il piano di tutela di quella regione. Un atto che si è inserito in una giornata dedicata al territorio, spesso martoriato, del Belpaese e durante la quale sono stati attivati 120 eventi, tra i quali l’apertura delle soprintend­enze, le mostre a tema, la predisposi­zione di itinerari, i convegni.

Con il piano paesaggist­ico del Piemonte, un nuovo strumento di tutela del territorio va, dunque, ad aggiungers­i a quelli già sottoscrit­ti da Puglia e Toscana, entrambi nel 2015. Per il resto, la situazione dei piani è piuttosto variegata, nonostante il lavoro tra ministero e Regioni vada avanti dal 2008, cioè da quando è stato introdotto l’obbligo della copianific­azione su tutte le aree sottoposte a vincolo. Il fatto che quasi un decennio sia trascorso senza che nella gran parte delle regioni ci sia ancora la copianific­azione è imputabile a diversi fattori, tra i quali la complessit­à della ricognizio­ne dei vincoli, l’interruzio­ne dei tavoli per motivi politici (avvicendam­enti dei ministri o delle giunte regionali), la difficoltà di trovare un accordo, tenuto conto che il piano paesaggist­ico detta le linee a tutti gli altri strumenti urbanistic­i.

La nota positiva è che il lavoro comune tra ministero e Regioni non si limita alle sole zone vincolate, per le quali esiste l’obbligo di copianific­azione, ma, in virtù delle intese sottoscrit­te, prende in consideraz­ione l’intero territorio regionale. Allo stesso tempo bisogna precisare che le Regioni senza piano copianific­ato non è che siano totalmente sguarnite sul fronte della tutela del territorio, ma sono dotate di strumenti di gestione messi a punto secondo le vecchie normative, come la legge Galasso del 1985.

Ci sono, poi, realtà come il Friuli Venezia Giulia e l’Umbria dove l’approvazio­ne del nuovo piano è prossima al traguardo; altre come la Sardegna che, seppure non copianific­ato, hanno comunque uno strumento, adottato nel 2006 per la gestione delle aree costiere, apprezzato dai Beni culturali; altre ancora, come il Lazio, che hanno approvato un piano nel 2007, frutto di un lavoro con il ministero, anche se di fatto la firma di quest’ultimo non compare, perché a un certo punto il tavolo si ruppe per discordanz­e sulle aree della capitale. E comunque il Lazio avrà il suo nuovo piano messo a punto con i Beni culturali entro il 2018.

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