Il Sole 24 Ore

Il mandato irrevocabi­le libera la prima casa

- Laura Ambrosi

pÈ illegittim­a la rettifica dei benefici prima casa, se per la vendita del precedente immobile era stato conferito mandato irrevocabi­le a un terzo: solo, infatti, nell’ipotesi in cui tale vendita non fosse eseguita, l’Agenzia è legittimat­a alla pretesa. A fornire questo chiariment­o è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza 67/2/2017 depositata il 27 febbraio scorso (presidente e relatore Montanari).

Un contribuen­te acquistava un immobile benefician­do delle agevolazio­ni previste per la cosiddetta prima casa. Prima di tale acquisto, aveva conferito mandato irre- vocabile a un terzo soggetto, affinché in suo conto, ma in nome proprio, vendesse il fabbricato di sua proprietà sito nello stesso Comune di ubicazione del nuovo immobile compravend­uto.

L’agenzia delle Entrate emetteva un avviso di liquidazio­ne dell’imposta di registro, oltre sanzio- ni, revocando i benefici richiesti, perché al momento dell’acquisto il contribuen­te era ancora proprietar­io di un altro fabbricato. L’ufficio, in buona sostanza, riteneva che il mandato non fosse di per sé un atto idoneo al trasferime­nto della proprietà immobiliar­e e pertanto non risultava soddisfatt­o il requisito previsto dalla norma di non essere titolare esclusivo di altra casa di abitazione nel territorio del Comune in cui è situato l’immobile da acquistare.

Il provvedime­nto veniva impugnato dinanzi al giudice tributario evidenzian­do che il mandato conferiva al mandatario tutti i poteri necessari per l’attuazione del trasferime­nto con efficacia immediata e su tale atto era stata versata l’imposta proporzion­ale di registro, oltre ad essere stato trascritto in conservato­ria. Dagli accordi, era espressame­nte prevista la risoluzion­e solo nell’ipotesi in cui fossero inutilment­e decorsi sette anni senza che l’immobile fosse venduto.

L’Agenzia si costituiva in giudizio lamentando che il contribuen­te con tale atto di mandato aveva aggirato le previsioni in tema di agevolazio­ne prima casa e che la condizione risolutiva contenuta nel contratto, in ogni caso, dimostrava l’incertezza del trasferime­nto.

Il collegio emiliano, pur ritenendo particolar­e la fattispeci­e giuridica costruita dal ricorrente, ha accolto il ricorso. La Ctp ha infatti ritenuto che al momento dell’acquisto della prima casa il contribuen­te non fosse più proprietar­io di altro fabbricato, sebbene in virtù del mandato conferito. Tale sequenza di atti, secondo i giudici, non lede il diritto dell’Erario di accertare la non spettanza dell’agevolazio­ne. Infatti, nell’ipotesi in cui al termine della condizione sospensiva non fosse intervenut­a effettivam­ente la cessione, il fabbricato sarebbe tornato al contribuen­te e, da quel momento, sarebbero iniziati a decorrere i termini decadenzia­li a favore del fisco per l’accertamen­to della maggior imposta.

I giudici, quindi, hanno ritenuto che, in una simile ipotesi, la verifica di eventuali altre proprietà, non doveva essere fatta al momento del nuovo acquisto o del conferimen­to del mandato, bensì al termine del periodo concordato per attuare la vendita.

La decisione offre lo spunto per una riflession­e, poiché attua un’interpreta­zione sostanzial­istica della norma, dato che una volta conferito il mandato, di fatto il contribuen­te non può più disporre dell’immobile.

LE CIRCOSTANZ­E Il contratto era stato trascritto e l’Erario avrebbe dovuto attendere il termine fissato per la cessione prima di emettere l’avviso

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