Partecipate, razionalizzazione con rebus sanzioni ai ritardatari
«Sospeso» lo stop ai dir itti sociali dei proprietari
pTra i tanti dubbi che suscita il decreto legislativo 175/2016 nell’attesa della definitiva approvazione del decreto correttivo licenziato in prima lettura dal Governo, sono gli effetti di una mancata approvazione della revisione straordinaria delle partecipazioni prevista dall’articolo 24 nei termini previsti dal Testo unico che vengono però modificati nel nuovo provvedimento.
Il Dlgs 175/2016 prevede che il piano sia approvato entro sei mesi dalla sua entrata in vigore, ovvero entro il 23 marzo 2017, mentre l’articolo 13 del decreto correttivo sposta tale termine al 30 giugno 2017. Interviene poi l’intesa di giovedì scorso in Conferenza unificata, dove si è deciso di spostare il termine al 30 settembre e di sospendere la sanzione che blocca i diritti sociali degli enti che non approvano il piano di razionalizzazione nel termine vigente, che oggi rimane quello del 23 marzo. Ma il termine è perentorio? Si può escludere, prima di tutto, che si applichi alla revisione straordinaria quanto previsto dall’articolo 20 al comma 7, relativo alla razionalizzazione periodica, che prevede una sanzione amministrativa fino a 500mila euro e il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile. Oltre a ciò il medesimo comma precisa che «si applica l’articolo 24, commi 5, 6,7, 8 e 9».
Quest’ultima precisazione è curiosa, perché rende ordinario quanto sembrava immaginato, nell’articolo 24, come eccezionale, e in particolare «il divieto di esercitare i diritti sociali nei confronti della società» e il recesso dalla società (comma 5), il rinvio alle norme della legge 190/2014 (comma 8), alcune delle quali vengono per altro abrogate dall’articolo 28 del medesimo Testo unico, nonché, «in occasione della prima gara successiva alla cessazione dell’affidamento in favore della società a controllo pubblico interessata da tali processi», la tutela del personale già impiegato ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile (comma 9).
L’esclusione della applicazione della sanzione pecuniaria comunque, è giustificata dal fatto che l’articolo 24 non vi fa esplicito rinvio. Correttamente, per altro, visto che in fase di prima applicazione della nuova disciplina è comprensibile un possibile superamento dei termini immaginati.
Si applicano invece le previsioni dell’articolo 24, comma 5, che prevedono il divieto di esercitare i diritti sociali nei confronti della società. Questo, però, come precisa il medesimo comma, solo «in caso di mancata adozione dell’atto ricognitivo ovvero di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4». Qui il dubbio riguarda la mancata adozione dell’atto ricognitivo, perché se interpretato in modo restrittivo è chiaro che la “sanzione” dell’articolo 24, comma 5, sarebbe persino più pesante di quella prevista all’articolo 20, comma 7. A nostro giudizio è certamente così in caso di mancanza di un atto ricognitivo, ma non lo è quando l’ente lo abbia redatto seguento il comma 612 della legge 190/2014, ma non abbia provveduto ad aggiornarlo. Si ricorda, infatti, che in base all’articolo 24, comma 2, «il provvedimento di cui al comma 1 costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del comma 612 dello stesso articolo, fermi restando i termini ivi previsti».
Se il Governo avesse immaginato una lettura diversa della norma, del resto, avrebbe dovuto modificare i termini della razionalizzazione straordinaria non tramite decreto legislativo, la cui approvazione ha tuttora tempi incerti, ma con il decreto Milleproroghe (Dl 244/2016) che è stato approvato lo scorso 27 febbraio e pubblicato il giorno successivo in Gazzetta Ufficiale. E non avrebbe senso logico licenziare un decreto legislativo che, nella formulazione approvata in prima lettura, di fatto non fa altro che rinviare termini che saranno già scaduti quando il decreto verrà approvato in via definitiva.