IL RIADDEBITO DEI COSTI SOSTENUTI DALLA «ATI»
Una società consortile, costituita da tre imprese in Ati (associazione temporanea di imprese) che hanno avuto affidato il servizio di smaltimento rifiuti urbani da un ente pubblico, accentra tutti i costi dell’appalto e periodicamente, con conguaglio annuale, “ribalta” i costi alle società partecipanti. L’impresa capogruppo fattura, con Iva al 10 per cento, il corrispettivo all’ente appaltante e, successivamente, “ribalta” gli incassi alle imprese associate che emettono fattura, soggetta a Iva, a carico della capogruppo. A quale aliquota Iva la società consortile deve “ribaltare” i costi (carburanti, manutenzioni, personale eccetera) agli associati, considerato che ci sono diverse aliquote e/o esenzioni Iva? I mandanti possono fatturare alla capogruppo il “ribaltamento” dei ricavi di competenza in reverse charge, considerato che la capogruppo fattura all’ente pubblico con split payment?
G.N. – MESSINA
Il riaddebito dei singoli costi sostenuti dalla società consortile alle imprese associate deve avvenire con la stessa aliquota o con lo stesso titolo di esenzione, secondo quanto confermato nelle risoluzioni 6/E/1998, 145/E/2002 e 242/E/2009. I mandanti devono fatturare alla capogruppo il servizio di raccolta rifiuti con aliquota del 10 per cento esposta in fattura, non trovando applicazione, nel caso di specie, il regime del “reverse charge”. L’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 242/E/2009, ha chiarito che il regime del differimento dell’esigibilità dell’imposta (vigente nel 2009), di cui beneficia il consorzio quando fattura all’ente pubblico, rappresenta un’agevolazione soggettiva, che, pertanto, non può essere estesa anche ai rapporti tra consorziati e consorzio. La precisazione contenuta nella risoluzione citata è ancora attuale in riferimento allo “split payment”, che ha sostituito il regime dell’esigibilità differita, con l’eccezione di talune ipotesi.
A cura di Giorgio Confente