L’effetto Schulz alla prova del piccolo Saarland
Non tarderà il primo vero test della popolarità di Martin Schulz, eletto domenica leader e candidato cancelliere dei socialdemocratici della Spd con il 100% dei voti, una percentuale, hanno scherzato i media tedeschi, che nemmeno i dirigenti comunisti dell’ex Germania dell’Est sono mai riusciti a ottenere.
Schulz ha rivitalizzato le fortune del suo partito dopo aver sostituto Sigmar Gabriel alla guida e la Spd oggi viaggia nei sondaggi testa a testa con l’unione democristiana del cancelliere Angela Merkel, che nelle elezioni di settembre va alla ricerca di un quarto mandato. Ma domenica prossima si passa dai sondaggi alle urne, con il voto nel Saarland, una delle regioni più piccole della Germania, ma anche una possibile cartina di tornasole del panorama nazionale. Anche in questo caso al governo c’è una grande coalizione a guida democristiana e i socialdemocratici mordono il freno. E anche qui nei sondaggi, grazie in buona misura all’effetto Schulz, la Spd ha recuperato terreno: oggi è al 32% dei consensi, in netta salita nelle ultime settimane, contro il 37% della Cdu. E anche in questo caso vagheggia di formare una coalizione diversa, insieme alla sinistra della Linke, data al 12%, ed eventualmente i Verdi, se questi, attualmente al 4% dei consensi, ce la faranno a superare la soglia del 5 per entrare nel parlamento locale.
Sarebbe un preludio all’accordo rosso-rosso-verde già realizzato nella città di Berlino e in Turingia e che potrebbe ribaltare gli equilibri a favore della Spd anche a livello nazionale. Se i socialdemocratici dovessero dire no a un’altra grande coalizione in Saarland, i democristiani, senza una spalla (dato che l’unico altro partito che dovrebbe entrare nel par- lamento regionale è il movimento anti-immigranti e antieuro AfD, oggi dato al 7%), si ritroverebbero automaticamente in minoranza.
Ad aggiungere una buona dose di pepe alla contesa nel Saarland, c’è la presenza come candidato della Linke di Oskar Lafontaine, che nel 2005 spaccò la Spd per protesta contro la riforma del mercato del lavoro varata dall’allora cancelliere, e suo compagno di partito, Gerhard Schröder. Il risentimento fra i socialdemocratici per la scissione, che da allora li ha condannati all’opposizione o a un ruolo di secondo piano nel Governo, è ancora forte e la Cdu intende utilizzare la ventilata coalizione con Lafontaine contro la Spd.
L’ex ministro delle Finanze dice oggi di essere aperto ad allearsi con i suoi ex compagni, almeno a livello locale, e la Spd non esclude di poterci provare. A livello federale, il fondatore della Linke trova invece inaccettabile poter collaborare con la Spd, nonostante Schulz, proprio nel tentativo di avvicinarsi ai potenziali partner di governo e di rivendicare l’identità di sinistra del partito, abbia promesso di rivedere parte di quelle riforme. Ma non sembra disponibile a venire incontro alla Linke su altri temi, come la difesa, la Nato e altri aspetti del welfare state. Tuttavia un accordo a sinistra che tagli fuori i democristiani non appare più così impensabile (anche nell’attuale parlamento una coalizione rosso-rosso-verde avrebbe i voti, ma la Spd ha sempre rifiutato un’intesa con la Linke). Schulz, meno compromesso di Gabriel con le politiche dell’attuale Governo e quindi più adatto a fare una campagna contro il cancelliere Merkel, è l’uomo giusto per portarlo a casa.
Nella campagna regionale si sono inseriti temi che peseranno anche in quella nazionale. L’attuale presidente del Saarland, Annegret Kramp-Karrenbauer, che si ripresenta per la Cdu, ha guadagnato consensi con la proibizione di comizi di esponenti del Governo turco per la campagna referendaria in corso per l’estensione dei poteri del presidente Recep Erdogan. La Germania usa metodi nazisti, ha tuonato Erdogan. Il cancelliere Merkel ha ribattuto che Erdogan deve finirla con questi confronti. È chiaro che i rapporti con la Turchia, da cui dipende il blocco del flusso dei rifugiati dal Medio oriente che l’anno scorso era diventato un incubo per la popolarità di Merkel, rischiano di fare irruzione nelle elezioni tedesche. Così come la capacità del cancelliere di gestire le relazioni con il nuovo presidente americano Donald Trump, dopo la partenza falsa della visita della settimana scorsa a Washington.
Il terzo fronte estero è quello russo, per gli effetti economici delle sanzioni anche sulle imprese tedesche e per i timori di interferenza di Mosca sul voto. Tre elementi che da qui a settembre metteranno alla prova la leadership del cancelliere. La quale invece può contare sulla carta dell’economia. I “cinque saggi”, suoi consiglieri in materia economica, ieri hanno rivisto leggermente al rialzo le previsioni di crescita all’1,7% nel 2017 e all’1,6% nel 2018. Anche la Bundesbank, nel suo bollettino mensile, ha detto che l’economia tedesca resta su un sentiero di crescita e che le cifre per la fine del 2016 verranno probabilmente alzate.
NUOVE ALLEANZE? Il nuovo leader Spd sfida la coalizione regionale a guida Cdu e potrebbe allearsi con Linke e Verdi