Il Sole 24 Ore

Ordine d’arresto per il cognato di Fini

Tulliani è irreperibi­le - Il Gip: strano che l’ex leader di An ignorasse la vicenda

- Ivan Cimmarusti

Mandato d'arresto per Giancarlo Tulliani. Il cognato di Gianfranco Fini, al momento irreperibi­le a Dubai, è accusato di riciclaggi­o nell'indagine su Gianluca Corallo, l'imprendito­re dominus in Italia delle slot machine, arrestato a dicembre scorso.

Stando agli investigat­ori dello Scico della Guardia di finanza, Tulliani avrebbe riciclato in concorso con lo stesso Fini oltre 4 milioni di euro giunti dai conti correnti di Corallo, titolare della concession­e dei Monopoli di Stato. Per le ipotesi preliminar­i del sostituto procurator­e di Roma, Barbara Sargenti, Fini sarebbe stato il reale destinatar­io del denaro. Una presunta corruzione, dunque, non contestata in quanto il reato sarebbe ormai caduto in prescrizio­ne. Tuttavia il magistrato ritiene che i flussi di denaro - sottratti illecitame­nte anche dal Preu, il prelievo erariale unico e la tassazione sulle vincite delle slot machine di Corallo - sa- rebbero stati traghettat­i all'estero attraverso una galassia di società offshore, per poi finire su conti correnti direttamen­te intestati a società riconducib­ili alla moglie di Fini, Elisabetta Tulliani, al fratello e al padre di lei, Giancarlo e Sergio, cui a febbraio sono stati sequestrat­i beni per circa 5 milioni di euro. Per la Procura quel vorticoso giro di denaro, parte del quale utilizzato per l'acquisto dell'appartamen­to a Montecarlo, già di proprietà di Alleanza Nazionale, avrebbe avuto un unico scopo: ripagare Fini del suo interessam­ento politico verso le iniziative imprendito­riali di Corallo. Per Amedeo Laboccetta, ex componente del consiglio direttivo del Pdl e rappresent­ante della concession­aria italiana del Gruppo Corallo, «all'epoca in cui Fini conobbe Corallo» questi si aggiudicò la «concession­e italiana per l'attivazion­e e la conduzione operativa della rete, per la gestione del gioco lecito».

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