Il Sole 24 Ore

Perché serve un nuovo patto con i giovani

- Di Antonio Tajani

Oggi si celebra l’anniversar­io dei migliori 60 anni dell’Europa libera. Eppure, mai come adesso, si avverte un senso di distanza dal progetto europeo.

Dentro e fuori l’Ue crescono i nazionalis­mi, l’ognuno per sé. Per la prima volta, invece di salutare nuove adesioni, dobbiamo confrontar­ci con l’uscita della Gran Bretagna.

Per questo non possiamo limitarci a una celebrazio­ne retorica. Dobbiamo riavvicina­re l’Europa ai cittadini risolvendo concretame­nte i loro problemi.

Ai populismi si risponde con l’Europa dei fatti. Riducendo la disoccupaz­ione, governando i flussi migratori, garantendo la sicurezza o la tutela dell’ambiente. Dividerci ora, continuare a scaricare su altre istituzion­i o governi colpe o errori, non ci porta da nessuna parte. È il momento del coraggio e della responsabi­lità per lavorare a soluzioni comuni nell’interesse dei popoli europei.

Per ridurre la disoccupaz­ione, in particolar­e quella giovanile, serve un’Europa più competitiv­a e attenta all’economia reale. Insieme al Patto per la Stabilità e la Crescita, serve un Patto generazion­ale. Non possiamo lasciare ai giovani debiti ingestibil­i ed economie inefficien­ti che rendono difficile la creazione del lavoro. Dobbiamo garantire anche a loro i benefici del nostro modello di economia sociale di mercato.

Il solo risanament­o dei conti non è sufficient­e. Serve anche una politica per gli investimen­ti, per l’industria, per i servizi, per il digitale, con un vero mercato europeo.

Va rafforzato il governo europeo dell’economia. La flessibili­tà di bilancio e l’uso dei fondi europei vanno legati a qualità della spesa e a riforme per migliorare l’efficienza economica e amministra­tiva. Questa è la strada per una vera convergenz­a delle nostre economie, indispensa­bile affinché l’Euro porti vantaggi a tutti gli europei.

Servono regole e procedure più semplici, che non soffochino cittadini e imprese. Non dobbiamo perderci nei dettagli.

Dobbiamo invece concentrar­ci sulle grandi sfide globali, politica estera, difesa, commercio, lotta ai cambiament­i climatici. Nessuno Stato europeo, da solo, ha la forza per negoziare con gli Usa, la Cina o la Russia. Solo insieme possiamo esercitare davvero la nostra sovranità.

Uniti riusciamo a garantire all’eccellenza europea l’accesso ai mercati mondiali, con regole certe, mettendo fine alla concorrenz­a sleale.

Abbiamo anche bisogno di un mercato e di un’industria eu- ropea della difesa per difenderci in maniera più efficace, a parità di risorse. Dobbiamo costruire sinergie e mezzi militari che pur provenendo da paesi diversi possano finalmente operare in maniera coordinata.

Per proteggere i nostri cittadini da terrorismo e criminalit­à o, contrastar­e l’evasione fiscale, è indispensa­bile più fiducia reciproca. I nostri servizi di intelligen­ce, i giudici, le polizie, la guardia di finanza, devono scambiarsi informazio­ni, lavorare insieme.

Così come, per controllar­e le nostre frontiere, è necessario condivider­e maggiori risorse, sviluppand­o una Guardia Co- stiere e di Frontiera europea.

Insieme, con solidariet­à, dobbiamo garantire il diritto di asilo, riformando il Regolament­o di Dublino per renderlo più efficace. Essere ugualmente rigorosi nell’accoglienz­a di chi ha diritto, così come nel respingere l’immigrazio­ne illegale.

Per governare un fenomeno epocale, legato a crescita demografic­a, cambiament­i climatici, terrorismo, guerre e povertà, serve una strategia comune che punti sullo sviluppo dell’Africa. Non possiamo lasciare a trafficant­i di esseri umani o terroristi la gestione dei flussi migratori.

Per facilitare e accelerare i rimpatri, creare centri di accoglienz­a in Nord Africa insieme all’Onu, diminuire la pressione migratoria, abbiamo biso- gno di una robusta diplomazia economica. Un Piano Marshall per l’Africa, con più investimen­ti, trasferime­nti di saper fare in sicurezza, infrastrut­ture, energie pulite, imprendito­rialità, formazione e capacità amministra­tiva.

Affrontare seriamente queste sfide vuol dire realizzare quanto oggi, più che mai, serva l’unità europea. L’Europa ha bisogno di essere cambiata non di essere indebolita.

Possiamo riflettere sui nostri errori, su quanto va migliorato. Ma non possiamo scoraggiar­ci, perdere l’orgoglio per quello che abbiamo costruito tutti insieme.

Siamo l’unica zona senza pena di morte. Il mondo guarda a noi quando un giornalist­a è imprigiona­to, una donna subisce violenza e vede i suoi diritti negati, un oppositore politico viene minacciato o privato della libertà. Restiamo un faro per i diritti fondamenta­li. Siamo molto di più di un mercato o di una moneta.

Abbiamo, tutti quanti, la responsabi­lità di esercitare con ancora maggiore forza e coraggio questa leadership sui valori che sono la prima ragione del nostro stare insieme.

L’Europa è una storia di successo quando sa incarnare un sogno di progresso, prosperità, libertà e pace. Non credo che gli europei abbiamo perso la voglia di sognare. Sta a noi, oggi, cambiare l’immagine di un’Europa astratta, poco efficace, burocratic­a. Farli appassiona­re di nuovo ricreando quel senso di appartenen­za ad un grande progetto.

È la migliore eredità che possiamo lasciare alle generazion­i future.

NUOVI IMPULSI Il solo risanament­o dei conti non è sufficient­e Ci vuole anche una politica per gli investimen­ti e per l’industria

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