Perché serve una svolta anche nell’Unione bancaria europea
La pubblicazione del rapporto sul meccanismo di vigilanza unico europeo offre un’importante occasione di riflessione anche alla luce di posizioni espresse sulla stampa nazionale e europea circa un approccio di vigilanza non bilanciato da parte dell’Autorità Europea.
Occorre innanzitutto riconoscere che il progetto di unione bancaria europea e la veloce realizzazione del suo primo pilastro – il sistema di vigilanza unico (SSM) – rappresentano un grande successo delle Istituzioni Europee e una adeguata risposta al- la gravissima crisi che l’Europa ha vissuto nel periodo 2008–2014. L’avvio dell’operatività della vigilanza unica dal 4 novembre 2014, ha visto importanti sforzi sia da parte degli organismi europei che ne sono responsabili e protagonisti, sia da parte dell’industria bancaria europea.
La celebrazione del 60° anniversario della nascita del Merca- to Comune Europeo deve costituire l’occasione per una svolta, un vero e proprio cambio di passo anche da parte delle Istituzioni europee che hanno la responsabilità di coordinamento e di indirizzo in ambito bancario e finanziario. Una svolta che sani le complessità giuridiche di fondo, interpretative ed attuative dell’Unione Bancaria europea e corregga la tendenza all’eccesso di produzione normativa in materia bancaria e finanziaria. È quindi indispensabile una verifica critica e costruttiva.
Il punto di partenza dovrebbe essere quello della verifica del rispetto dei principi della cosiddetta “migliore regolamentazio- ne” (“better regulation”). Tale concetto deve essere tenuto distinto dall’idea di “deregolamentazione” o di “autoregolamentazione”. Migliore regolamentazione significa definire un insieme di norme e di politiche in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato con il minimo costo.
Tali principi stabiliscono che qualsiasi tipo di regolamentazione deve/dovrebbe essere trasparente (transparency), responsabile (accountability), coerente (consistency), proporzionata (proportionality) e focalizzata (targeting).
In particolare la trasparenza ha a che fare con la chiara definizione degli obiettivi della rego- la, con una adeguata comunicazione degli stessi a tutte le parti interessate – anche attraverso un processo di consultazione aperto, equo e di una durata sufficiente in funzione della complessità del tema oggetto della regolamentazione. La trasparenza ha anche a che fare con il processo con cui le regole, una volta adottate, sono implementate lasciando ad esempio un tempo sufficiente ai soggetti regolati per adeguarsi alle nuove regole e, soprattutto, con la chiarezza e non ambiguità con cui sono fatte rispettare, in primo luogo nell’interesse del regolamentatore e della sua credibilità e reputazione.
Se l’identificazione dei principi è relativamente semplice, più complessa è la risposta alla domanda se oggi tali principi trovano riscontro nel campo della regolamentazione e supervisione prudenziale internazionale ed europea.
I dubbi sollevati da taluni circa un esercizio non bilanciato delle funzioni di supervisione e vigilanza evidenzia come l’esercizio di tali funzioni in ambito europeo presenti aree di potenziale miglioramento rispetto ai principi enunciati. Nonostante alcuni innegabili progressi, la trasparenza dell’esercizio di SREP (supervisory evaluation and review process) appare ancora lacunosa specie per ciò che riguarda le modalità di determinazione dei requisiti di capitale aggiuntivo.
Anche il Parlamento Europeo, nel suo rapporto annuale 2016 sull’Unione bancaria, ha “ribadito” il bisogno di assicurare una più elevata trasparenza sull’intero set delle pratiche di supervisione.
Ed ancora, non sono adeguatamente spiegati e motivati i differenti approcci del supervisore nella misurazione dei rischi degli attivi creditizi rispetto agli attivi finanziari.
Anche in occasione di operazioni di aggregazione e/o di acquisizione rimane difficile programmare e quindi prepararsi alle richieste del supervisore in termini di ulteriori requisiti patrimoniali. Tale incertezza rappresenta un deterrente ad ulteriori aggregazioni, specie se trasfrontaliere, nonostante sia la stessa Autorità di vigilanza europea a sollecitarle.
Una maggiore trasparenza nell’approccio, nel metodo e nelle procedure di vigilanza non servirebbe, come alcuni sostengono, a mettere le banche in grado di aggirare le regole e sfuggire al supervisore. Al contrario, una maggiore trasparenza aiuterebbe i soggetti vigilati ad adeguarsi alle regole, ad identificare meglio le priorità delle azioni correttive e a prepararsi adeguatamente e nei tempi giusti a rispettare le aspettative del supervisore.
Una maggiore trasparenza tuttavia sarebbe nel prioritario interesse delle autorità di regolamentazione e di supervisione in quanto ne aumenterebbe la credibilità e ne certificherebbe - con elementi oggettivi e verificabili – l’imparzialità mettendole al riparo da qualsiasi critica e aumentandone la reputazione.
GLI OSTACOLI DA SUPERARE Occorre sanare le complessità giuridiche di fondo e correggere l’eccesso di produzione normativa in materia