Il Sole 24 Ore

La proposta italiana alla Ue: tre fondi per occupazion­e, banche e riforme

- Marco Mobili

Tre fondi europei per finanziare le emergenze degli Stati membri sul fronte dell’occupazion­e, delle crisi bancarie e per dare piena attuazione al piano nazionale delle riforme. E le risorse? Arriverebb­ero da una quota parte delle imposte e delle tasse che banche e imprese versano nelle casse dei rispettivi Stati di appartenen­za. Dunque nessuna tassa aggiuntiva, ma come spiega Vieri Ceriani, consiglier­e del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, «né nuove, né maggiori tasse: sempliceme­nte, meno gettito agli Stati, più gettito all’Europa, per bilanciare il fatto che alcune spese vengono accentrate». Non solo una cooperazio­ne rafforzata nella difesa, la sicurezza e l’immigrazio­ne, ma anche su disoccupaz­ione, riforme e banche. L’obiettivo su cui si sta lavorando al Mef sarebbe dunque quello di dare alla Ue una nuova spinta propulsiva migliorand­o, spiega anco- ra Ceriani, l’operativit­à della zona euro. Come raccomanda lo stesso Parlamento europeo si potrebbe aggiungere al fianco del bilancio dei 27 anche un bilancio specifico su risorse proprie per l’Eurozona, da spendere per affrontare «alcune sue specificit­à».

Al primo posto ci sono «gli shock asimmetric­i, con riequilibr­i pesanti in termini di crescita e disoccupaz­ione». Ecco allora che si potrebbe prevedere un fondo di assicurazi­one europeo per ridurre la disoccupaz­ione. Un fondo certamente non sostitutiv­o ma che al contrario viaggi di pari passo con quelli nazionali. Un’altra specificit­à sono gli effetti positivi che le riforme struttural­i fatte da un Paese hanno sugli altri, data la forte interconne­ssione delle economie. I piani nazionali di riforma sono parte essenziale del patto di stabilità e crescita. Troppe volte però restano sulla carta e la stessa Commission­e europea nell’esprimere il parere sullo stato di attuazione non riesce a fornire la spinta necessaria per arrivare a risultati concreti. Quindi si potrebbe immaginare un fondo che cofinanzi le riforme nazionali. Darebbe un senso ad un ministro delle Finanze dell’euro-area, che dovrebbe gestire i fondi per i Piani nazionali di riforma usando un sistema di incentivi, carota e bastone.

Si tratterebb­e in sostanza di un’erogazione di incentivi da parte dell’Europa ai governi nazionali chiamati ad attuare le riforme necessarie. Al crescere degli obiettivi raggiunti aumentereb­bero le risorse erogate dal fondo e dunque da Bruxelles; se gli obiettivi non fossero raggiunti, i fondi sarebbero tagliati.

I fondi comuni per la disoccupaz­ione e per le riforme, come detto, verrebbero finanziati non da nuove tasse ma da una parte del gettito dell’imposta sulle società. A condizione, però, che si arrivi alla definizion­e di una base imponibile armonizzat­a. «La base imponibile armonizzat­a per le imprese è già un progetto europeo», ricorda Ceriani. «I Paesi sarebbero liberi di fissare le aliquote, ma quelli dell’euro-area potrebbero, come per l’Iva, destinare una parte del gettito delle imposte sugli utili a questo bilancio comune».

Stessa logica potrebbe essere applicata al sistema bancario. «Quello che versano le banche, o una parte di quello che versano, come risorsa propria dell’euro-area potrebbe finanziare gli strumenti dell’Unione bancaria, che è un’altra importante specificit­à dell’euroarea». Oltre agli strumenti per il bail-in, si potrebbero potenziare gli strumenti per fronteggia­re le crisi sistemiche, potenziand­o la dote del Fondo di risoluzion­e bancaria.

ARMONIZZAZ­IONE FISCALE Una base imponibile comune per le società in modo da destinare parte delle imposte versate alle specificit­à dell’Eurozona

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