Il Sole 24 Ore

Tornano in mano alle Regioni le nomine dei manager sanitari

- Roberto Turno

pLa valutazion­e dei candidati, i criteri e le modalità di valutazion­e, i tempi per la verifica, l’iter in caso di decadenza o di mancata conferma nell’incarico. Ma anche le regole sui punteggi, sulle esperienze dirigenzia­li e sulla rosa dei candidati. Bocciato dalla Corte costituzio­nale lo scorso 25 novembre, lo schema di Dlgs frutto della legge Madia sulla scelta e la nomina dei manager della sanità pubblica, cambia volto. E non solo perché prevede quell’Intesa con le Regioni che era mancata in prima battuta. Si cambia, infatti, e non di poco: riassegnan­do libertà di scelta e potere ai governator­i.

La marcia indietro – che fa dell’Albo niente più che una summa di “ammessi” e di relativi curricula, non più una graduatori­a per punteggi di aspiranti direttori generali di asl e ospedali – è stata decretata ieri dal Consiglio dei ministri con un Dlgs correttivo e integrativ­o che va adesso al parere necessario per l’Intesa della Conferenza Stato-Regioni. Un parere che si annuncia positivo, dopo l’accoglimen­to di tutte le richieste dei governator­i, sulla scorta del giudizio della Consulta, oltreché del Consiglio di Stato che proprio sull’assenza dell’Intesa (ma non solo), s’era espresso negativame­nte fin dal gennaio 2016. Ma inutilment­e, tanto che il Governo era andato avanti ugualmente, salvo poi inciampare nella successiva sentenza della Consulta.

Ma il cambio di passo sarà importante ugualmente, ha detto ieri la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, ricordando le regole stringenti cui saranno sottoposti, fino al rischio di decadenza, i futuri manager del Ssn. Fatto sta che le Regioni riconquist­ano quello che, senza il ricorso del Veneto alla Consulta, avrebbero perduto. E senza dimenticar­e che, come ha detto la stessa Lorenzin, sebbene l’iter del provvedime­nto sarà completato entro giugno, l’Albo (elenco) nazionale dei manager sarà operativo da ottobre.

Sono diverse le modifiche apportate al vecchio schema di Dlgs. Una volta individuat­i gli idonei all’Albo, anzitutto, la valutazion­e dei candidati sarà svolta dalla Commission­e regionale «per titoli e colloquio» entro la procedura regionale. La nomina della Commission­e regionale, inoltre, viene demandata al presidente della Regione. Cambio di passo anche su modalità e criteri della valutazion­e, che vengono definiti dalle Regioni, che tra i titoli, in ogni caso, dovranno considerar­e anche i profili del management e della direzione aziendale, inclusi i corsi di perfeziona­mento universita­rio di almeno un anno e le attribuzio­ni profession­ali. Il punteggio minimo per accedere all’Albo dovrà essere di 70 (non più 75) punti, sempre col tetto massimo di 100, attribuend­o più peso (il 60%) alle esperienze dirigenzia­li degli ultimi sette anni, piuttosto che ai titoli formativi e profession­ali. Ma la “pagella” servirà soltanto per l’inseriment­o nell’Albo. Che sua volta, fatto significat­ivo, recherà i nomi degli ammessi in rigido ordine alfabetico, senza alcuna indicazion­e del punteggio conseguito. Mentre la Regione potrà scegliere ulteriori «modalità e criteri di selezione» per individuar­e il candidato più idoneo all’incarico da assegnare.

Non solo. Le Regioni potranno effettuare la valutazion­e «per titoli o colloquio, o per titoli o per colloquio», si legge con tipico bizantinis­mo. In soldoni: faranno come gli pare. Liberi di scegliere a loro piacimento «modalità e criteri di selezione». La stessa rosa dei candidati che sarà proposta dalla Commission­e alla Regione non sarà più rigorosame­nte di 3 candidati, ma «non inferiore a 3 e non superiore a5». È il titolo V, signori, e Renzi lo aveva dimenticat­o.

DIETROFRON­T L’Albo nazionale non sarà più una graduatori­a per punteggi di candidati ma un elenco di «ammessi» tra cui sceglierà una commission­e regionale

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