Il Sole 24 Ore

Sospeso l’avvocato che non paga le quote

Finché il legale non salda gli oner i annuali di iscrizione all’albo non può esercitare la profession­e Esclusa l’«autodifesa» perché l’impugnazio­ne non congela il provvedime­nto

- Patrizia Maciocchi

pNon pagare la quota annuale per l’iscrizione all’albo costa all’avvocato la sospension­e a tempo indetermin­ato dall’esercizio della profession­e. Un periodo che si interrompe quando il profession­ista salda il debito. La Corte di cassazione (sentenza 7666) respinge il ricorso del legale e conferma la legittimit­à del provvedime­nto anche alla luce del nuovo ordinament­o degli avvocati (legge 247 del 2012).

Inutilment­e il legale “moroso” da cinque anni mette in campo una serie di contestazi­oni. Si inizia con il difetto di giurisdizi­one del giudice ordinario: il contributo annuale ha natura tributaria, quindi le controvers­ie dovrebbero rientrare nel raggio d’azione del giudice tributario.

Il Consiglio nazionale forense è invece un giudice speciale e l’attribuzio­ne della giurisdizi­one sui contributi sarebbe in contrasto con l’articolo 102 della Costituzio­ne.

Il profession­ista riteneva violato anche il diritto di difesa. Il Cnf aveva dichiarato inammissib­ile il ricorso perché sottoscrit­to dallo stesso avvocato che, in quanto sospeso, non aveva il potere di “autorappre­sentarsi”.

Per il legale si era trattato di un abuso di potere in quanto secondo l’articolo 50 della “vecchia” legge forense ( regio decreto 1578/1933) l’impugnazio­ne contro il provvedime­nto di sospension­e fa venire meno la sua efficacia.

Per finire, nel ricorso viene messa in dubbio anche la legittimit­à della pretesa. Il contributo dovuto dagli iscritti sarebbe legittimo, a parere del legale, se fossero determinat­i o perlomeno determinab­ili i criteri per la quantifica­zione dell’importo dovuto, che, sempre in virtù della natura tributaria, dovrebbe necessaria­mente essere destinato al funzioname­nto degli enti (consiglio dell’ordine e Cnf): il che non accadrebbe, almeno nel consiglio di appartenen­za del ricorrente, che utilizzere­bbe quei soldi nelle attività più varie.

Tutte le censure sono respinte. La Cassazione precisa che la materia è fuori dalla giurisdizi­one del giudice tributario, perché oggetto dell’accertamen­to è la sussistenz­a delle condizioni per l’iscrizione all’albo e per eserci- tare la profession­e, e non la legittimit­à dell’onere. Non è leso neppure il diritto di difesa. Le Sezioni unite (sentenza 9491/2004) hanno, infatti, già escluso che l’impugnazio­ne da parte dell’avvocato che non ha pagato le quote possa avere effetto nel “congelare” la sospension­e, a differenza di quanto avviene in caso di sospension­e per illeciti disciplina­ri. Il legale non resta comunque privo di difesa perché può farsi assistere da un collega.

La situazione non cambia alla luce della nuova legge forense (articolo 29) che avalla la sospen- sione per chi non paga, riabilitan­do l’iscritto a conti saldati.

Né si può pensare che la previsione sia incostituz­ionale. La sospension­e per mancato pagamento non ha natura disciplina­re, a differenza della sanzione disciplina­re che colpisce un avvocato per un illecito: nel primo caso la misura garantisce l’esecuzione di un obbligo mentre la seconda sanziona «ed è dunque attratta in una logica di maggiori garanzie, nell’ambito di applicazio­ne della sospension­e dell’esecutivit­à della misura disposta dal Coa».

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