Stretta sui dipendenti Accesso abusivo se fuori mansioni
pL ’avere un regolare contratto di lavoro e le credenziali d’accesso del sistema non basta a tutelare il dipendente dal reato di accesso informatico abusivo. L’impiegato nello svolgimento delle sue mansioni deve infatti muoversi all’interno delle prassi e delle prescrizioni definite dall’azienda, e pertanto ogni sconfinamento anche minimo rischia di costargli una condanna (pena base fino a 3 anni, articolo 615-ter del codice penale) .
Il principio, che riguarda indistintamente dipendenti privati e pubblici (con un’aggravante speciale per i secondi) è stato formulato nella sentenza 14546/2017 della Quinta sezione penale della Corte di cassazione, a margine del ricorso di legittimità di un’azienda milanese. All’origine della controversia era il proscioglimento da parte del Gup lombardo del dipendente di una srl, querelato dal datore di lavoro per aver copiato file relativi a clienti, file inviati poi a una casella di posta elettronica privata intestata allo stesso lavoratore. Secondo il giudice milanese, il copia &invia messo in atto dall’indagato non è censurabile nè dal punto di vista delle autorizzazioni all’accesso del sistema - che il dipendente ovviamente aveva in quanto tale - nè sotto il profilo del «mantenersi» per un tempo apprezzabilmente lungo nella memoria informatica e «contro la volontà espressa o tacita» del datore, come richiesto dal codice penale.
La Cassazione ha però confu- tato la tenuta di una tale motivazione per una serie di aspetti. Nel merito, perché già l’individuazione stessa dei documenti da inviare all’esterno presuppone un «mantenersi» nell’applicazione per un tempo significativamente lungo. Ma soprattutto il giudice deve prima ancora valutare se quel tipo di attività incriminata sia «ontologicamente diversa» da quella per cui il dipendente era stato assunto. Questo ragionamento porta quindi al nocciolo del problema - e cioè della imputabilità - considerato che il lavoratore per respingere l’accusa di infedeltà deve muoversi nel quadro delle «prescrizioni contenute in disposizioni organizzative interne, in prassi aziendali o in clausole di contratti individuali di lavoro». Fuori da questi binari ogni tipo di operazione è da considerare abusiva, e perciò reato.