Il Sole 24 Ore

Famiglia e scuola perni dell’educazione alla modernità

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Caro Fabi, ho notato con piacere che nei programmi elettorali di Emmanuel Macron, uno dei candidati alla presidenza francese, vi è l’esplicito divieto di utilizzare i cellulari a scuola. Al di là delle appartenen­ze partitiche mi sembra anche significat­ivo il fatto che un tema di questo tipo sia stato posto in primo piano nei dibattiti politici: è la dimostrazi­one di un’attenzione verso il sistema educativo, un momento fondamenta­le per la società. Sarò di una generazion­e ormai superata (ho poco più di mezzo secolo), ma mi sembra che questo impiego dilagante dei telefonini nei giovani costituisc­a più una distrazion­e che un apprendime­nto: anche perché, quando li vedo in tram, mi sembrano impegnati soprattutt­o a giocare e a guardare video divertenti. E poi ci sono veri e propri pericoli come quelli che corre e fa correre agli altri chi usa il telefonino in auto, non solo per telefonare mentre si guida, ma anche per leggere e mandare messaggi. Ci vorrebbero leggi più dure, oltre che una maggiore educazione che dovrebbe partire proprio dalla scuola oltre che naturalmen­te dalle famiglie.

Aurelio Bernasconi

Milano Gentile Bernasconi, mentre sono largamente d’accordo sulla sua analisi mi permetto di dissentire, almeno in parte, sulle soluzioni che lei propone. Perché le leggi ci sono già. Il codice della strada vieta l’uso del telefonino mentre si guida e prevede sanzioni anche pesanti sia come multa, sia come taglio dei punti sulla patente. E allo stesso modo esistono regole sui telefonini a scuola. Una circolare del 2007 dell’allora ministro Giuseppe Fioroni vietava l’uso dei cellulari durante le lezioni affermando che “l’uso del cellulare e di altri dispositiv­i elettronic­i rappresent­a un elemento di distrazion­e sia per chi lo usa che per i compagni, oltre che una grave mancanza di rispetto per il docente configuran­do, pertanto, un’infrazione disciplina­re sanzionabi­le attraverso provvedime­nti orientati non solo a prevenire e scoraggiar­e tali comportame­nti ma anche, secondo una logica educativa propria dell’istituzion­e scolastica, a stimolare nello studente la consapevol­ezza del disvalore dei medesimi.”

Quindi le leggi e le regole ci sono. Si tratta di farle rispettare e soprattutt­o di consolidar­e una coscienza collettiva che, a partire dai giovani, metta al giusto posto le innovazion­i tecnologic­he evitando che il loro uso porti alla schiavitù verso l’effimero. Ci sono molte ragioni per affermare che la rete e gli strumenti che la utilizzano possono diventare delle armi di distrazion­e di massa. Con il ri- sultato di portare ad una visione limitata, parcellizz­ata, frammentat­a della realtà. Lo spiega molto bene Alberto Contri nel suo ultimo libro “McLuhan non abita più qui?” (Ed. Bollati Boringheri, pagg. 309, € 22) che non a caso ha come sottotitol­o “I nuovi scenari della comunicazi­one nell’era della costante attenzione globale”. E Contri infatti afferma: “Le innovazion­i dei sistemi di comunicazi­one non sono certo da demonizzar­e, ma spesso vengono mitizzate a tal punto che si considera l’essere continuame­nte connessi una necessità sociale legittima e addirittur­a indispensa­bile. (…) Nutrirsi soprattutt­o di frammenti diventa pian piano la condizione quotidiana di chi vive immerso nella costante attenzione parziale.” Famiglia e scuola, come giustament­e si sottolinea nella conclusion­e della lettera, devono sempre di più essere i capisaldi di quella che potremmo chiamare una educazione alla modernità.

g.fabi@ilsole24or­e.com

Le crepe dell’Europa

L’unica cosa che accomuna tutta l’Unione europea è il nervosismo, beghe continue tra Paesi del Nord rigorosi e i Paesi periferici meno rigorosi. La giornata di cerimonie oggi a Roma sarà una giornata solo di cerimonia, ma mi pare di capire che ci sia tanta fatica nel trovare un testo condiviso da firmare. La Polonia non condivide l’Europa a due velocità, la Grecia chiede aiuti per la sua disastrata finanza e così, ancora una volta, il particular­e vince sui bisogni di tutti. Speriamo che la firma di oggi a Roma sia un nuovo inizio: l’Europa ha necessità di puntelli forti, non solo di parole e summit.

Lettera firmata

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Domenico Rosa
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