Fincantieri chiude l’Opa sulla controllata Vard
Raggiunto il 74,45% del capitale: la società attiva nel mercato dell’offshore non sarà delistata
pFincantieri chiude il cerchio attorno all’offerta pubblica di acquisto sulla controllata Vard, attiva nell’offshore. Ieri il gruppo guidato da Giuseppe Bono ha comunicato di aver raccolto adesioni per 215,9 milioni di azioni. Tradotto: a valle dell’operazione, Fincantieri detiene ora il 74,45% del capitale di Vard. Niente delisting, dunque, come l’azienda aveva originariamente programmato puntando a superare il 90 per cento. Ma i piani dell’offerta, partita a novembre e passata attraverso varie proroghe, sono cambiati in corsa. E il gruppo triestino ha deciso, a metà del guado, di eliminare la soglia minima di adesione (il 90% per l’appunto) e di ridurla al 50%, percentuale che Fincantieri deteneva già a monte (55,63%). Così l’Opa nata totalitaria è diventata, dal 12 gennaio, incondizionata e ha tagliato ieri il traguardo. Secondo quanto comunicato da Fincantieri, l’esborso complessivo per le azioni consegnate è stato di 34,2 milioni, mentre quello per i tito- li acquistati direttamente presso la Borsa di Singapore ammonta a 969mila euro.
La mossa di Fincantieri arriva al capolinea dopo diversi mesi nel corso dei quali non è mancato il tentativo da parte di un piccolo gruppo di azionisti di minoranza, rappresentati da Sias (Se- curities Investors Association), un’associazione di investitori finanziari di Singapore, di provare a spuntare un rialzo del prezzo, che però è rimasto lettera morta. Secondo l’associazione, alcuni soci si sarebbero detti insoddisfatti dell’offerta messa in pista dal gruppo di Bono e pari, va ricordato, a 0,24 dollari di Singapore per azione, lontano dagli 1,22 dollari garantiti da Fincantieri nel 2013 quando salì al 55,63% di Vard. Altri, invece, hanno scelto di rastrellare sul mercato titoli della controllata di Fincantieri: è il caso di Mvn Asset Management Limited, società di gestione con sede a Londra e “braccio” dell’omonimo gruppo, che nelle scorse settimane ha arrotondato la sua quota sopra il 5 per cento.
L’offerta chiusa ieri è maturata comunque in un momento molto diverso da quello in cui, nel 2013, fu lanciata l’Opa obbligatoria dal gruppo triestino su Vard. Allora la crisi dell’offshore, colpito pesantemente dal calo del prezzo del petrolio, era lontana. Ora invece il comparto ha perso parecchio terreno costringendo il management a ripensare la strategia per la controllata. Così Fincantieri ha dovuto mettere in campo per Vard un delicato processo di ristrutturazione e diversificazione, indirizzando le attività verso nuovi clienti e segmenti di mercato, come è accaduto con i cantieri rumeni di Vard a Tulcea dove sono ora realizzati gli scafi di sei navi cruise (4 commissionate dai francesi di Ponant e 2 dalla tedesca Hapag Lloyd), più un’altra in arrivo dopo un memorandum firmato nei mesi scorsi, e ricevendo un’ulteriore spinta da altre attività come navi marittime adibite agli impianti di acquacoltura e il trattamento del pescato. Il cambio di rotta ha così consentito alla controllata di fronteggiare la brusca battuta d’arresto dell’offshore che comunque ha avuto dei pesanti riverberi sul business di Vard tanto da costringere Fincantieri a procedere alla chiusura del cantiere di Niteroi in Brasile, anche per via della complicata congiuntura che attraversa il paese sudamericano. E, ora che l’offerta pubblica di acquisto è stata archiviata, Fincantieri procederà lungo la direzione già tratteggiata e proverà ad accelerare l’integrazione tra la controllata e il business dell’intero gruppo.
IL BILANCIO FINALE Raccolte adesioni per 215,9 milioni di azioni: 969mila euro spesi per gli acquisti in Borsa e 34,2 milioni per i titoli consegnati