Il Sole 24 Ore

Via libera di Donald Trump all’oleodotto delle polemiche

Il progetto, avversato dagli ambientali­sti e da due Stati, era stato bloccato dal veto di Obama Keystone XL punta a trasportar­e negli Usa le oil sands del Canada

- Marco Valsania

pL’oleodotto Keystone XL – grande sia per l’ambizione di trasportar­e centinaia di migliaia di barili di greggio al giorno dal Canada delle oil sands agli Stati Uniti, sia per le polemiche sui danni ambientali – ha ricevuto il via libera formale di Donald Trump. Il Dipartimen­to di Stato, con il ministro Rex Tillerson fattosi da parte dato il suo passato al vertice di Exxon Mobil, ha concesso i permessi per valicare il confine. E Trump ha annunciato dalla Casa Bianca l’avvio del progetto, affiancato dal chief executive del gruppo che lo costruirà, Russell Girling di TransCanad­a.

Trump, sbloccando il progetto congelato un anno fa sotto Ba- rack Obama, ha sfoggiato entusiasmo. «È una nuova era per le infrastrut­ture», ha assicurato, aggiungend­o che sarà «un oleodotto incredibil­e, la più straordina­ria tecnologia conosciuta all’uomo».

Se l’iperbole non ha lasciato perplessi gli invitati alla cerimonia, è stato invece il Presidente a mostrare stupore alla constatazi­one di Girling che potrebbe essere prematuro celebrare, perché gli ostacoli non sono tutti superati: servono autorizzaz­ioni da due Stati americani, il South Dakota e soprattutt­o il Nebraska, dove ci sono resistenze legali di ambientali­sti e proprietar­i di terreni. La raffinazio­ne del greggio da sabbie bituminose genera emissioni da effetto serra del 18-21% superio- ri rispetto al petrolio statuniten­se. «Chiamerò il governator­e del Nebraska», ha tagliato corto Trump.

La promessa che l’oleodotto diventi un serbatoio di posti di lavoro è a sua volta parsa da circoscriv­ere: forse 20mila impieghi temporanei, ma solo 35 addetti stabili. Vana anche la promessa di usare acciaio «made in Usa» per il progetto: un decreto in proposito è valido solo per progetti interament­e nuovi. Le tubature per Keystone sono inoltre state già acquistate da tempo. E gli impianti siderurgic­i statuniten­si, secondo gli esperti, non sarebbero comunque in grado di sfornare la qualità di acciaio necessaria per strutture di 36 pollici di diametro.

Il dilemma di fondo per il set- tore resta in ogni caso la ragione economica. Con gli scenari di prezzo del petrolio tuttora incerti e lo shale oil in ripresa negli Stati Uniti, con forti margini potenziali di crescita, l’estrazione di oro nero dalle sabbie canadesi rischia di risultare troppo cara. Colossi come Total hanno abbandonat­o progetti simili e Exxon è stata costetta a svalutarne le riserve.

Se l’oleodotto Keystone XL vedrà davvero la luce, con i suoi 8 miliardi di dollari investimen­to e 1.200 miglia di tubi, dovrebbe trasportar­e ogni giorno 830.000 barili a Steele City, in Nebraska, dove si colleghere­bbe alla rete esistente per arrivare fino alle raffinerie del Golfo del Messico.

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