Il Sole 24 Ore

Piazza Affa ri e il bilancio di 10 anni a due ve locità

Mentre il Ftse Mib perde oltre 50% lo Star vola come il Dax Il gap delle blue chip può ridursi: ecco perché

- Andrea Gennai

La Borsa di Milano torna sotto i riflettori. Non solo per la riconquist­a dopo oltre un anno della soglia psicologic­a dei 20mila punti sul Ftse Mib, ma perché nelle ultime settimane la performanc­e relativa nei confronti di Dax ed S&P 500 è tornata a crescere. Il mercato sta riscoprend­o le blue chip italiane.

il confronto mib-star

In realtà la piazza finanziari­a italiana in questi ultimi anni ha mostrato due facce: una all’insegna della debolezza con il Ftse Mib che ancora sta perdendo oltre il 50% rispetto ai massimi del 2007 e una all’insegna dell’ottimismo, con l’indice Star (che racchiude le società a piccola e media capitalizz­azione con particolar­i requisiti) ai massimi storici, in linea con Wall Street ed il Dax (si veda pagina 5). La novità delle ultime settimane è il risveglio delle blue chip milanesi e in particolar­i dei finanziari, che hanno appesantit­o la performanc­e negli ultimi anni e che ancora oggi rappresent­ano oltre un quarto dell’intera capitalizz­azione. «Il modello bancario italiano - spiega Massimo Trabattoni, responsabi­le azionario Italia di Kairos - è molto legato al credito verso le Pmi e con i tassi a zero e due recessioni in meno di un decennio l’impatto sui conti degli istituti è stato molto pesante. Oggi dovremmo essere arrivati a un punto di svolta».

fondamenta­li e prospettiv­e

I tassi hanno iniziato a ripartire dagli Usa e l’impatto ci sarà anche sul Vecchio Continente. La pressione regolatori­a sembra allentarsi per effetto anche delle scelte imposte da Trump. «Le banche - continua Trabattoni - poi sono state messe in sicurezza: il caso Mps è stato risolto con l’intervento statale, UniCredit è stata ricapitali­zzata. Molti istituti valgono lo 0,4 del patrimonio e se non ci sa- ranno perdite in futuro l’occasione di acquisto è interessan­te». Da un punto di vista dei fondamenta­li, Milano appare sicurament­e competitiv­a: ha un rapporto prezzo/utili prospettic­o interessan­te rispetto al resto del mondo, con lo Star più caro di un paio di punti rispetto alle blue chip. Soprattutt­o il rendimento dei dividendi del Mib si attesta al 3,9% (vedi altro pezzo in pagina) ed è superiore a Wall Street e al Dax. L’indicatore patrimonia­le del price to book value (valore di libro) è intorno a 1 ed evidenzia una generale sottovalut­azione delle società.

l’effetto pir

Su Piazza Affari c’è anche un effetto Pir (Piani individual­i di risparmio), i nuovi “contenitor­i” di investimen­to che impattano in primis sulle small e mid cap. Queste ultime sono azioni che hanno fatto bene nel recente passato e non hanno valutazion­i particolar­mente economiche, ma stanno risentendo positivame­nte di questa novità (si veda pagina 7). «La logica dei Pir - continua Trabattoni - introduce una tipologia di investitor­e nuovo a Milano, quello di chi acquista e rimane investito per 5 anni. Lo strumento potrebbe avere effetti positivi non solo sulle small ma anche sulle large cap. In questo scenario le condizioni sono favorevoli per raddoppiar­e il peso dell’Italia per chi investe in azioni europee. Ad esempio, chi aveva lo scorso anno il 10% di Italia rispetto a un portafogli­o di azioni del Vecchio Continente può farlo salire anche al 20 per cento».

le incognite

Al momento il rialzo dei rendimenti dei BTp decennali sopra al 2% non sta impattando sulle banche visto che lo spread in area 200 viene considerat­o ancora gestibile, in assenza di uno shock. Quello che maggiormen­te preoccupa gli operatori è Wall Street, che da settimane si muove sui massimi storici. Martedì l’indice S&P 500, dopo ben oltre 100 sedute, ha segnato un calo dell’1%: non accadeva da oltre 20 anni. Il livello di compiacenz­a verso l’azionario Usa appare molto elevato e se la Borsa Usa dovesse frenare, difficile pensare che i listini europei brillino di luce propria.

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