Trump detta ancora i tempi alle Borse
Da inizio anno il listino milanese guadagna il 6%, più di Wall Street che si ferma al +5%
Piazza Affari sfida il primato di Wall Street. Il listino milanese ha recuperato le perdite grazie ai recenti balzi del settore bancario, e sale del 6% da gennaio, mentre la Borsa americana ha rallentato.
Giovedì, alla chiusura di Plus24, l’S&P500 di New York era a +5% da inizio anno, frenato dal calo di entusiasmo per Trump e in attesa della votazione in Congresso sulla modifica da lui proposta alla riforma sanitaria di Obama. Gli investitori si sono scontrati con la probabilità (non una novità, peraltro) di voti insufficienti per cambiare la legge sull’assistenza pubblica, che avrebbe segnalato il mancato sostegno del suo stesso partito e fatto scattare l’allarme per la realizzazione delle altre misure promesse (il taglio delle tasse e il rilancio del commercio e dell’industria nazionali). La mini ondata di avversione al rischio ha fatto affluire il denaro sulle obbligazioni e i rendimenti (che si muovono in direzione contraria ai prezzi) dei titoli di Stato statunitensi hanno ripreso a scendere; a dispetto di un rigurgito di ottimismo che ha compensato il movimento, il ritorno a scadenza dei Treasury è diminuito come a inizio marzo, quando non si erano ancora alzati in vista dell’aumento dei tassi della Federal Reserve: il decennale è al 2,4% e il biennale sotto l’1,3%.
Anche il dollaro ha perso appeal - già indebolito dalla prudenza manifestata dalla Fed nel migliorare le stime di crescita - ed è calato sotto quota 100 contro le principali valute, per via della forza della sterlina, spinta dall’inflazione nel Regno Unito, dello Yen, il porto sicuro che ha raccolto i flussi di capitale, e dell’Euro, che si è apprezzato su ipotesi di una politica monetaria della Banca Centrale Europea meno accomodante. Tuttavia, proprio la Bce è riuscita a riportare competitività alla moneta unica: a dispetto delle dichiarazioni dei banchieri “falchi” a favore del rigore, il Consiglio Bce prevede che i tassi di interesse restino ai livelli attuali o inferiori ben oltre il termine degli stimoli monetari, fissato a dicembre. La prospettiva ha allettato i mercati e ha abbassato le tensioni sulle emissioni governative della periferia dell’Eurozona, ridimensionando il divario del rendimento (spread) rispetto al Bund.