Fondi bilanciati prudenti: battere gli Etf è quasi una «mission impossible»
I fondi bilanciati sono molto in voga e apprezzati dai risparmiatori, perlomeno se si guardano i dati sulla raccolta e le dimensioni rilevanti di diversi strumenti. Ma se si analizzano le performance, soprattutto confrontandole con quelle ottenute dalle strategie in Etf comparabili, la narrazione cambia e le delusioni sono innumerevoli.
Osservando i meri rendimenti triennali solo 12 fondi riescono a far meglio della strategia in Etf, che salgono a 19 se si utilizza la metodologia che consente di comparare fondi con diversi profili di rischio (Rap). Una pattuglia di prodotti che si assottiglia però drasticamente se nell’analisi entra in gioco anche la persistenza delle overperformance nel più ampio periodo di sei anni: solo 5 fondi (3,1% del totale) risultano pienamente positivi, combinando Rap e persistenza. Un fattore da considerare nell’interpretare risultati così deludenti è l’elevata onerosità di questi strumenti: le spese correnti annue medie si avvicinano all’1,8%, rispetto a un costo combinato del paniere in Etf che si aggira attorno allo 0,2% a cui aggiungere i costi di intermediazione e il differenziale denaro/lettera. Mentre nel valutare i risultati dei fondi, non sono stati considerati i costi di sottoscrizione e uscita, che possono risultare molto pregiudizievoli per il risparmiatore.
I gestori analizzati, per limitare comparazioni e avere più flessibilità operativa, evitano di dichiarare il benchmark (133 su 180) oppure prediligono un termine di paragone monetario (6 su 180). La metodologia utilizzata nell’analisi consente di standardizzare i rendimenti rispetto alla rischiosità registrata, rendendoli quindi comparabili con la strategia in Etf, implementata esponendosi per il 25% su uno strumento azionario (iShares Core Msci World) e per il 75% su uno obbligazionario (Spdr BarCap Euro Aggregate). Il ribilanciamento è stato effettuato trimestralmente, considerando costi di intermediazione e imposte. Diverse case di gestione presentano una pluralità di prodotti in questa strategia: diversi gestori offrono 3 fondi (Schroder, Anima e Pioneer), Azimut 9 ed Eurizon ben 13. Di questi, però, solo uno di Eurizon risulta quasi promosso.
Da notare che il fondo Base Inv Flexible Low Risk Exposure Eur è risultato il migliore ma attua una strategia di gestione lontana da quella prevista da questa categoria e dal suo benchmark (Jpm Gbi Global EMu 60%+Mts Bot 30%+Ftse Eurotop 100 Tr Eur 10%): dall’ultimo rendiconto semestrale disponibile emerge che investe anche in obbligazioni dei Paesi Emergenti, nonché i n diversi bond in valuta. Si tratta di una operatività coerente con il prospetto informativo, che consente al gestore di esporsi fino al 20% in obbligazioni high-yield, ma occorre chiedersi quanto possa essere rappresentativo e utile il benchmark dichiarato, se il gestore può esporsi su un universo di titoli ben più ampio e, soprattutto, più rischioso.