Il Sole 24 Ore

Ri flessioni di un magi strato (sul bai l- in)

- Vitaliano D’Angerio

« Noi che siamo clienti delle banche sappiamo che non partecipia­mo alla spartizion­e degli utili, quando ci sono, ma partecipia­mo alla spartizion­e delle perdite create da banchieri e bancari a volte anche molto disinvolti. E questo lascia molto perplessi»: Francesco Greco, procurator­e capo di Milano, dichiarazi­one del 15 marzo scorso.

Una voce dal sen sfuggita? Improbabil­e vista la caratura del personaggi­o. Greco ha fatto tali dichiarazi­oni durante un convegno sulla tutela del risparmio organizzat­o dalla Scuola superiore di magistratu­ra. C’è chi ha interpreta­to le sue parole come una sana provocazio­ne che ha consentito di riportare l’attenzione sul bail- in, la procedura di risoluzion­e bancaria ben conosciuta dagli investitor­i in obbligazio­ni di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrar­a e CariChieti. «La procedura di bail-in è giusta ma è stata applicata male. Innanzitut­to non doveva essere retroattiv­a. In secondo luogo, i risparmiat­ori sono stati poco informati», spiega Angelo Baglioni, docente di Monetary economics alla facoltà di Scienze bancarie e finanziari­e della Cattolica di Milano. Senza dimenticar­e che la direttiva europea era stata approvata ben prima a Bruxelles con il via libera dell’Italia.

C’era tempo per informare e per far digerire ai risparmiat­ori italiani tutti gli aspetti più o meno oscuri del bail- in. Noi di Plus24 lo abbiamo fatto, tra i primi in Italia.

Ritorna dunque con prepotenza il tema dell’educazione finanziari­a che paradossal­mente viene realizzata oggi attraverso la pubblicità. È il caso della banca che rende noto ai potenziali clienti la propria solidità finanziari­a. Chi apre un conto in banca, dopo l’entrata in vigore del bail-in, deve farsi una domanda in più e cominciare a prendere confidenza (sic) con sigle inglesi che su queste pagine abbiamo già spiegato e continuere­mo a spiegare fino alla noia. È il caso del Cet1, l’acronimo di Common Equity Tier 1, il parametro che misura la solidità di una banca. Un indice di patrimonia­lizzazione. Ecco, immaginate di essere al mercato e di confrontar­e i prezzi delle mele; fate lo stesso con i Cet1 delle banche, chiedeteli agli interlocut­ori e poi scegliete. Più alto è questo parametro (espresso in percentual­e), più la banca è solida. «Il concetto di solidità, grazie anche alla pubblicità, sta entrando nella testa delle persone. Però vorrei sottolinea­re che i clienti con meno di 100mila euro sul proprio conto sono tutelati dal sistema bancario»: Raffaele Lener è docente di diritto dei mercati finanziari all’università di Roma Tor Vergata e partner dello studio legale Freshfield­s. I 100mila euro sono una rete di protezione per evitare le code agli sportelli come nel film di Mary Poppins. I profeti di sventura vanno quindi contenuti. Il binomio informazio­ne-educazione finanziari­a va ribadito però con forza.

Infine, ma non per questo meno importante, c’è la vigilanza bancaria; Greco, nello stesso convegno citato prima, ha evidenziat­o che tale vigilanza «funziona per certi versi ma forse ha bisogno di maggiore tempestivi­tà nell’intervento». Oltre alla rapidità, se possiamo, andrebbe richiesta soprattutt­o ai controllor­i di Francofort­e una maggiore equanimità nelle valutazion­i e più trasparenz­a sulle metodologi­e utilizzate. Anche questa è una strada per riportare la fiducia nelle istituzion­i.

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